L’isola che (non) c’è
Una lettura di Helgoland di Carlo Rovelli
Sul finire del 2021, la Delegazione Umbria di AIF ha avviato un’intensa serie di riunioni per verificare i fabbisogni dei Soci e avviare nuove iniziative con l’obiettivo di una crescita personale e professionale non solo dei Soci umbri, ma più in generale di quelli AIF e degli ospiti esterni. Nel corso di uno degli incontri è quindi emersa l’idea di dar vita a una rassegna costituita da una serie di webinar, di presentazioni di libri, che nell’esperienza dei Soci avevano costituito un’opportunità di approfondimento di temi ritenuti, a vario titolo, rilevanti per la formazione e i formatori.
Su suggerimento di chi scrive, la rassegna è stata intitolata “La biblioteca di Babele. Conversazioni su libri letti e da leggere”.
Il riferimento è al noto racconto di Borges “La biblioteca di Babele”[1]. In esso si narra di una biblioteca di estensione infinita composta da stanze esagonali, anch’esse infinite, tutte con la stessa struttura, lo stesso numero di scaffali, lo stesso numero di libri, lo stesso numero di pagine in ciascun libro e lo stesso numero di lettere in ciascuna pagina, disposte a caso, secondo una logica combinatoria, il cui senso è inafferrabile da parte degli esseri umani che percorrono la biblioteca cercando il libro della Verità: questo è introvabile e indistinguibile dagli altri, che a volte ne contengono frammenti di senso compiuto, il cui significato, decontestualizzato, resta però indecifrabile.
Il titolo della rassegna ‒ inteso in questo contesto come metafora dell’infinità della rete delle conoscenze, sempre passibile di arricchimenti interpretativi a partire da punti di vista soggettivi, declinati in narrazioni anch’esse uniche e personali ‒ è integrato da un sottotitolo che da una parte richiama all’esperienza di lettura di chi presenta il volume, dall’altra invita i partecipanti a compiere in prima persona il percorso di lettura proposto.
La rassegna si è aperta il 26 gennaio con un incontro tenuto da chi scrive su Helgoland (Adelphi 2020), libro denso e complesso di Carlo Rovelli, dedicato alla nascita della meccanica quantistica e alle sue implicazioni epistemologiche. Il suo autore, fisico italiano che è tra i fondatori della teoria della gravità quantistica a loop, ha affrontato tra l’altro nei suoi libri temi di storia e filosofia della scienza. Il suo libro di divulgazione scientifica Sette brevi lezioni di fisica è stato tradotto in 41 lingue; tra gli altri, ricordiamo L’ordine del tempo (Adelphi 2017) e Ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza (Corriere della Sera 2018, raccolta di articoli).
Nel presentare il contenuto di un libro ricco e complesso come Helgoland a un pubblico composto per lo più da formatori, e avendo a disposizione tre quarti d’ora, ho ritenuto opportuno assumere consapevolmente un ruolo di mediatrice culturale, a partire dall’orizzonte di attesa del pubblico, ovvero adottare una strategia di contestualizzazione degli spunti offerti dal testo all’interno dell’universo della formazione.
La copertina del libro
La struttura dell’esposizione – frutto di una lettura attenta e meditata del libro[2] – è stata, quindi, articolata in diverse parti, prima fra tutte un esercizio di analisi degli elementi costitutivi della copertina del libro, intesa ‒ sulla scorta di Gerard Genette[3] ‒ come peri testo editoriale, ovvero come spazio editoriale che circonda il testo, che è di pertinenza dell’editore, quanto alla decisione ultima del suo assetto e che è frutto sia di considerazioni culturali (legate tra l’altro alla linea editoriale e al lettore-modello), sia di scelte di marketing.
La fotografia di Hermann Spurzem rielaborata per la copertina di Helgoland (1929-1930 circa).
Fonte: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Insel_Helgoland_um_1929-30_color.jpg
In questa parte della presentazione, a partire dal titolo, ampio spazio è stato dato al recupero del ruolo, pressoché ignoto, svolto dall’isola di Helgoland nel panorama culturale europeo. Solo per citare alcuni elementi, Anton Bruckner ha scritto la sua ultima opera ‒ una cantata per coro e orchestra del 1893 ‒ celebrando Helgoland come luogo in cui i Sassoni hanno vittoriosamente condotto la loro lotta contro i Romani; a Helgoland sono state girate da F.W. Murnau alcune scene di Nosferatu il vampiro (1922), capolavoro del cinema horror espressionista; in tempi più recenti, il gruppo musicale dei Massive Attack ha pubblicato (2010) un album intitolato Helgoland. Alcuni fan di Harry Potter hanno, inoltre, identificato Helgoland come l’isola nel Mare del Nord in cui si trova la prigione di Azkaban.
La prigione di Azkaban.
Fonte: https://www.quirkybyte.com/blog/2017/05/harry-potter-prisoner-of-azkaban-best/
Anche da un punto di vista storico-politico Helgoland ha giocato un ruolo importante: appartenuta alla Danimarca e poi ceduta alla Germania mediante lo scambio di isole del Trattato di Helgoland-Zanzibar (1890), dopo la seconda guerra mondiale è stata teatro di una gigantesca esplosione controllata di materiali bellici ad opera della Marina inglese.
Ma perché Rovelli ha voluto intitolare a quest’isola così poliedrica, il cui nome significa “terra sacra”, un libro sulla meccanica quantistica?
È presto detto: nel 1925, un giovanissimo fisico dal nome di Werner Heisenberg va a passare l’estate a Helgoland per curarsi una fastidiosa allergia ai pollini (Helgoland è praticamente senz’alberi, come ricorda Joyce, che nell’Ulisse la chiama “Helgoland dall’unico albero”). Durante il suo soggiorno, mentre prova a calcolare le leggi alla base dei moti dell’elettrone intorno al nucleo sulla scorta delle scoperte di Niels Bohr (i famosi “salti quantici”), ha l’intuizione che apre la strada alla meccanica quantistica:
“Erano più o meno le tre del mattino quando il risultato finale dei miei conti fu davanti a me. Mi sentivo profondamente scosso. Ero così agitato che non potevo pensare di dormire. Lasciai la casa e mi misi a camminare lentamente nell’oscurità. Mi arrampicai su una roccia a picco sul mare, sulla punta dell’isola, e attesi il sorgere del sole… D’un tratto non ho avuto più dubbi sulla coerenza della nuova meccanica ‘quantistica’ che il mio calcolo indicava.
Ero profondamente allarmato. Avevo la sensazione che attraverso la superficie dei fenomeni stavo guardando verso un interno di strana bellezza: mi sentivo stordito al pensiero che ora dovevo investigare questa nuova ricchezza di struttura matematica che la Natura così generosamente dispiegava davanti a me”. Le sue parole, osserva Rovelli, ricordano quelle di Galileo: “Non c’è emozione come intravedere la legge matematica dietro il disordine delle apparenze”.
I momenti chiave della storia della meccanica quantistica e le implicazioni per la formazione
Spostando l’attenzione da Helgoland ad Heisenberg e ai fisici con cui ha lavorato, la parte centrale della presentazione è quindi consistita in una sintetica illustrazione dei momenti chiave della storia della meccanica quantistica e delle sue implicazioni epistemologiche, come illustrate da Rovelli.
Infine, ampio spazio è stato dedicato alle possibili implicazioni per i formatori di una riflessione sui contenuti di Helgoland.
In quest’ultima parte della presentazione ho consapevolmente assunto il ruolo di lector in fabula, per dirla con Umberto Eco: quello di lettore che coopera alla costruzione del testo leggendolo da un punto di vista specifico.
Helgoland è stato quindi inserito non solo nella mia personale rete intertestuale e nella mia esperienza culturale, ma anche nello specifico ambito della formazione.
Quanto all’ultimo aspetto, queste le riflessioni che Helgoland ha suscitato in me:
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con riferimento al genius loci dell’isola: l’importanza della progettazione di ambienti di apprendimento che stimolino a pensare altrimenti, e il ruolo essenziale della solitudine come momento di rielaborazione personale di quanto appreso nel processo formativo condiviso;
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con riferimento all’ambiente naturale di Helgoland e al giovane Heisenberg, che tra una passeggiata e un calcolo imparava a memoria poesie del Divano occidentale-orientale di Goethe: l’inclusione nei processi formativi di momenti poetici come fonte (inconscia) di ispirazione creativa[4];
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con riferimento alla “fisica dei ragazzi” (Knabenphysik), ovvero alla giovanissima età dei fisici che hanno lavorato alla meccanica quantistica sotto la guida di scienziati più grandi: l’importanza della cross-fertilization tra generazioni e con essa di conoscenze ed esperienze vissute in contesti storicamente e culturalmente diversi;
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con riferimento alla storia della cultura europea e ad alcuni suoi snodi cruciali spesso ignorati o sottovalutati: l’opportunità di rileggerla e di approfondire la conoscenza di alcune figure e momenti centrali (ad esempio le relazioni illustrate nel libro tra Ernst Mach e Aleksandr Bogdanov);
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con riferimento alla meccanica quantistica: il suo essere parte di un atlante occidentale[5] con molte terre ancora incognite e la conseguente necessità di conoscere l’evoluzione del pensiero scientifico e di metterlo a confronto con altre forme del pensiero sulla natura della realtà;
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con riferimento all’autonomia dei saperi intesa come manifestazione di livelli autonomi e indipendenti di comprensione del mondo: la capacità di cogliere la ricchezza della molteplicità delle espressioni culturali e dei loro processi evolutivi.
La lettura di Helgoland può quindi rafforzare una visione della formazione come rete incrementale ed evolutiva (generativa) di persone, approcci, significati, in cui le conoscenze sono cognizioni situate e incarnate. Il processo formativo, in questa prospettiva, diviene anche per il formatore un periplo del sé[6] all’interno della relazione formativa, in cui il punto di osservazione e valutazione del processo è chiamato in causa nel processo come sua parte integrante.
Helgoland interpella quindi profondamente il lettore sul suo punto di vista (la sua pro-spettiva) sulla “realtà” e sulle possibili modalità di relazione “altre” con la “realtà”. Tale riflessione può agevolmente collocarsi, a livello sistemico, in quella della transizione possibile dall’Antropocene verso il Koinocene, “epoca delle connessioni o partecipazioni”[7].
Per concludere (si fa per dire, vista la complessità del tema e la ricchezza delle sue implicazioni…), possiamo richiamare il frammento 115 di Democrito citato da Rovelli: Ό κόσμος άλλοίωσις, ό βιος ύπόληψις (O kósmos allóiōsis, o bíos hypólepsis): “Il cosmo è cambiamento, la vita è discorso”. Traducendolo da un’altra prospettiva, possiamo anche intenderlo: “La bellezza del mondo è espressione di un rispecchiamento delle diversità l’una nell’altra, la vita è assunzione di un punto di vista che si fa discorso”.
La discussione che ha fatto seguito alla presentazione si è concentrata, in particolare, su due punti:
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La possibilità di estensione del modello quantistico all’interpretazione della realtà all’interno di contesti disciplinari diversi e la sua applicabilità al compito della formazione;
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Neuroscienze e meccanica quantistica, implicazioni epistemologiche del modello quantistico e possibili affinità con contesti culturali molto diversi da quello occidentale, ruolo del formatore come facilitatore nella relazione tra soggetto che apprende e contesto di apprendimento.
L’incontro, grazie anche alla presenza dei due Vicepresidenti nazionali AIF, Beatrice Lomaglio e Paolo Viel, è stato anche un’opportunità di presentare AIF e le sue attività a un pubblico più ampio, in cui si notava la presenza di studenti universitari e giovani professionisti.
Il prossimo incontro è fissato per il 1° marzo alle 18; in quell’occasione Ferruccio Fiordispini, Presidente della Delegazione AIF Umbria, presenterà La forza di essere migliori del filosofo e teologo Vito Mancuso, in cui le quattro virtù cardinali della tradizione cristiana diventano i pilastri di una riflessione sul bene comune e la sostenibilità. Sono, questi ultimi, temi su cui la formazione è chiamata a intervenire, sempre più spesso, nel suo ruolo di supporto ai singoli e alle organizzazioni, nelle loro relazioni con un ambiente sempre più complesso.
[1] Pubblicato nel 1941 e poi di nuovo nel 1944 all’interno della raccolta Finzioni (edizione italiana Einaudi 1978).
[2] Ringrazio vivamente Corrado Bonuccelli, ingegnere e studioso di testi buddhisti in sanscrito e tibetano, con cui prima del webinar ho avuto diversi preziosi momenti di confronto sulla meccanica quantistica e sulla posizione di Nāgārjuna (II sec. d.C.), autore dell’opera La via del cammino di mezzo ampiamente commentata da Rovelli in Helgoland.
[3] G. Genette, Soglie, Einaudi 1989, pp.17-36(ed. or.: Seuils, Editions du Seuil, 1987).
[4] Su questi aspetti si veda tra l’altro il mio contributo “Formare Sapiens, oggi” nel numero 4/2021 di «FOR», pp. 5-6.
[5] Il riferimento è all’omonimo romanzo di Daniele Del Giudice, anch’esso commentato nel citato articolo di «FOR».
[6] Il riferimento è al contributo di Giuseppe Varchetta Cultura e relazione formativa: un duplice periplo del sé, «FOR» 4/2021, pp. 40-1.
[7] A. Favole, “Il tempo del Koinocene”, in «Il Corriere della Sera – La Lettura», 28 febbraio 2021, accessibile da https://www.regione.emilia-romagna.it/europass/rassegna-stampa/dal-1-al-7-marzo/1-il-tempo-del-koinocene-corriere-della-sera-01032021.pdf/view. Sul termine Koinocene vedi anche https://blog.uvm.edu/aivakhiv/2018/11/07/koinocene-or-coenocene/.
Sabina Addamiano
È consulente di marketing, comunicazione e formazione; insegna Marketing e Sustainability and Cultural Awareness all’Università Roma Tre. Ha tradotto e curato numerosi volumi di Philip Kotler e Martin Lindstrom.
E-mail: sabina.addamiano@gmail.com
Sempre Bello ritrovarti e legarti Sabina!
Molto interessante! Ma questi preziosi incontri di lettura di libri danno crediti formativi ai soci AIF? Sono inseriti nel calendario?
Gent. ma Maria Emanuela Galanti,
gli eventi a cui si riferisce costituiscono la rassegna “La biblioteca di Babele. Conversazioni su libri letti e da leggere” e rilasciano 0,5 crediti formativi ciascuno.
Sul calendario AIF, a questo link, può verificare i prossimi appuntamenti della Delegazione Umbria.