Le leve di sviluppo dei followers
Premessa
Questo contributo fa riferimento ad un precedente articolo (dedicato alla correlazione fra stili di leadership e tipologie di followership) [1]Cfr. Macchioni P, La leadership e la followership, Aif Learning News gennaio 2022 – https://staging.associazioneitalianaformatori.it/2022/01/31/longlifelearning-formatore-2/ ed esamina gli interventi che i leaders possono realizzare per supportare la crescita dei propri followers.
Tali interventi sono prevalentemente gestibili dai capi nei confronti dei propri collaboratori ma anche coloro che non ricoprono un ruolo gerarchico (ad esempio, project leaders, coordinatori, formatori, ecc…) possono trovare leve utili per favorire lo sviluppo dei rispettivi followers e consolidare così la propria leadership.
Le tipologie di followership
Le principali tipologie di followership, ipotizzate da R. E. Kelley[2]Kelley, R. E.:The power of followership: How to create leaders people want to follow, and followers who lead themselves. New York: Doubleday, 1992 sono quattro:
- INDIFFERENTE (acritico e passivo, poco competente e poco motivato);
- CONFORMISTA (acritico ma attivo, poco competente ma motivato);
- FRUSTRATO (critico ma passivo, competente ma poco motivato);
- PARTNER (critico e attivo, competente e motivato).
Naturalmente, a tutti capitano, nel corso di una giornata, momenti di indifferenza, conformismo o frustrazione. Perciò è possibile “classificare” una persona come appartenente ad una delle quattro tipologie di followership solo in base alla prevalenza e persistenza di alcuni comportamenti caratteristici.
Indifferenti, conformisti e frustrati rendono necessarie specifiche azioni di supporto, per poter maturare rapporti di partnership con i rispettivi leaders ma anche i partners richiedono interventi gestionali coerenti, per poter mantenere nel tempo tale condizione.
Lo sviluppo del follower INDIFFERENTE
L’indifferente è certamente la persona più difficile da guidare ma, come per tutte le altre tipologie di follower, occorre innanzi tutto capire le cause di tale atteggiamento. Solo indagando a fondo sulle ragioni dell’indifferenza (come del conformismo o della frustrazione, ma anche della partnership), si potranno individuare le leve di sviluppo più coerenti.
Nessuno entra da indifferente in un’organizzazione (o in un progetto, un gruppo di lavoro o un’aula formativa), tranne chi viene indotto forzatamente a farne parte. Indifferenti quasi sempre ci si diventa dopo la risoluzione del “contratto psicologico” che regola la contemporanea soddisfazione dei bisogni individuali e organizzativi. Spesso è sufficiente una delusione o un riconoscimento mancato, per alimentare una demotivazione che genera un atteggiamento passivo e distaccato sia verso le attività da svolgere sia verso il proprio sviluppo.
Tale condizione di malessere, se non è gestita dal leader nello stadio iniziale, può incistirsi fino a creare una sorta di maschera che contraddistingue anche fisicamente l’indifferente. Ma non sono rari i casi di persone “classificate” come indifferenti cronici e invece ricche di energie ed interessi al di fuori del contesto organizzativo.
Come insegnano i medici, prevenire è meglio che curare e curare una malattia ai primi sintomi è meglio che intervenire quando è in una fase avanzata.
Un buon leader sa cogliere in tempo utile, anche attraverso rapporti informali, quei segnali che consentono di evitare le possibili involuzioni comportamentali dei propri followers e sa gestirle attraverso l’ascolto, la comprensione, il dialogo.
Il recupero di un indifferente, soprattutto sul piano motivazionale, può richiedere molto tempo, pazienza e capacità di resistere alla tentazione di abbandonarlo al proprio destino.
Ma ciò che deve invece indurre il leader a individuare le modalità più coerenti per gestire tale follower è la possibilità di avere nel tempo un partner in più su cui poter fare affidamento.
Lo stile di guida più coerente [3]Cfr. Macchioni P, La leadership e la followership, Aif Learning News gennaio 2022 – https://staging.associazioneitalianaformatori.it/2022/01/31/longlifelearning-formatore-2/ è il direttivo ma il leader deve essere pronto a interpretare anche altri stili (come il persuasivo o il partecipativo) se riscontra cambiamenti comportamentali, anche come effetto dei suoi interventi gestionali.
Le principali “leve” utilizzabili per recuperare un indifferente sono le seguenti:
- concordare un piano di sviluppo finalizzato a soddisfare nel tempo i suoi bisogni individuali, rendendoli compatibili con i bisogni organizzativi;
- assegnare lavori più congeniali o più graditi;
- affidare compiti non impegnativi, ma rilevare e apprezzare ogni contributo;
- far emergere attitudini e qualità potenziali;
- coinvolgere in piani o programmi (tollerando l’atteggiamento “passivo”).
Lo sviluppo del follower CONFORMISTA
Il conformista è più motivato e partecipativo rispetto all’indifferente, ma ama il “quieto vivere” e perciò evita di esporsi, rischiando così di non fornire contributi utili al leader e/o ai colleghi. Gli “yes men” sono apparentemente soggetti facili da guidare ma di fatto lasciano il leader solo con se stesso, tanto che, se si accorgono che sta commettendo un errore, preferiscono subirne le conseguenze piuttosto che contraddirlo.
Spesso alla base di tale atteggiamento c’è un’insicurezza di fondo e il fattore chiave di successo per far evolvere il conformista verso il profilo del partner è perciò lo sviluppo delle sue competenze, sia tecnico-professionali che trasversali.
Le principali “leve” utilizzabili per gestire un conformista sono quindi le seguenti:
- favorire la partecipazione a corsi ma anche la sua autoformazione;
- programmare affiancamenti;
- fornire assistenza e supporto, anche attraverso colleghi più esperti;
- tollerare eventuali errori ma valorizzarli come fonte di apprendimento;
- collegare il miglioramento delle competenze ai risultati ottenuti.
Lo stile di guida più coerente è il persuasivo e il leader troverà certamente facile sponda nel convincere il conformista a seguire le sue indicazioni ma, anche in questo caso, saranno più opportuni altri stili, se si osservano cambiamenti comportamentali.
Lo sviluppo del follower FRUSTRATO
Anche per il frustrato, come per l’indifferente, l’aspetto più critico è la demotivazione, che occorre saper prevenire o curare, dopo aver acquisito piena consapevolezza delle cause che l’hanno generata.
Il frustrato, tuttavia, rispetto all’indifferente, non ha rinunciato a mantenere di buon livello le proprie competenze, che non intende però mettere a disposizione del leader o dei colleghi, nell’attuale situazione organizzativa.
Attraverso lo stile di guida partecipativo, il leader potrà cercare di far leva sull’orgoglio professionale del frustrato, per indurlo a fornire (anche se controvoglia) i suoi contributi e soprattutto per porre le basi di un nuovo “contratto psicologico” che lo aiuti a superare la condizione di malessere.
I principali interventi gestionali, che possono aiutare a recuperare un frustrato, sono i seguenti:
- richiamare ed evidenziare i suoi successi professionali (anche non recenti);
- favorire il coinvolgimento in decisioni, piani, programmi (tollerando un’eventuale passività);
- consentire l’ampliamento delle competenze, anche in ambiti professionali diversi;
- stimolare ed apprezzare ogni contributo fornito;
- promuovere la responsabilizzazione nelle relazioni con interlocutori esterni.
Lo sviluppo del follower PARTNER
Il partner è ovviamente il follower ideale per un leader, che sa di poter contare sui suoi proficui contributi per il conseguimento degli obiettivi comuni.
Ma anche la partnership rende necessari interventi di “manutenzione” gestionale, per potersi consolidare nel tempo.
Lo stile di guida delegante fornisce già l’indicazione sulla principale leva utilizzabile per lo sviluppo del partner, che ha bisogno proprio di impegnarsi nel perseguimento di obiettivi che rientrano nelle responsabilità di ruolo del leader.
Oltre alla delega, gli altri interventi gestionali, realizzabili per rendere sempre più solida la relazione con il partner, sono i seguenti:
- assicurare un ampio livello di autonomia e discrezionalità;
- coinvolgere in piani, programmi, decisioni importanti;
- assegnare incarichi di referente di competenza specifica, con visibilità esterna;
- apprezzare il suo valore professionale con adeguati riconoscimenti (tangibili e non tangibili);
- offrire opportunità di crescita professionale, anche in contesti organizzativi diversi.
Conclusioni
La flessibilità si conferma come il principale fattore di successo della leadership.
Per essere riconosciuti come leaders (e non solo “capi”), occorre saper interpretare lo stile più coerente con le diverse tipologie di followership e occorre saper gestire flessibilmente lo sviluppo di ogni follower, attraverso interventi che consentano di consolidare la relazione con i partners e far evolvere il rapporto con indifferenti, conformisti e frustrati.
Paolo Macchioni
Esperto di sviluppo individuale ed organizzativo, ha intrapreso la libera professione nel 1991, dopo un’esperienza di quindici anni in Alitalia. E’ autore di Check-up manageriale (F.Angeli, 2012) e coautore di Formazioni one to one (F.Angeli, 2012). E’ iscritto al Registro dei Formatori Professionisti AIF.
E-mail: paolo.macchioni@alice.it
Riferimenti
↑1, ↑3 | Cfr. Macchioni P, La leadership e la followership, Aif Learning News gennaio 2022 – https://staging.associazioneitalianaformatori.it/2022/01/31/longlifelearning-formatore-2/ |
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↑2 | Kelley, R. E.:The power of followership: How to create leaders people want to follow, and followers who lead themselves. New York: Doubleday, 1992 |