Il canto e le dinamiche di apprendimento implicito
Il sole era appena sorto in quella mattina di luglio, mi stavo avviando verso Ferrara e sentivo l’emozione scorrere nel corpo e nei pensieri. Avevo l’onore di partecipare a un corso di canto difonico guidato, tra i tanti, dal maestro Tran Quang Hai 1, del quale Demetrio Stratos 2 fu erede diretto e dal quale imparò molte tecniche vocali di overtone singing.
ll viaggio in auto da Roma fu tranquillo, il paesaggio scorreva placido mentre nel cd riecheggiavano le note profonde e le armonizzazioni a una voce di Tran Quang Hai che avevo già ascoltato in registrazione, preludio dell’evento che stavo per vivere.
Arrivato a Ferrara, la città mi accolse con le sue mura medievali e le strade acciottolate. Il corso era programmato in una sala di un bed and breakfast, con le pareti in pietra, il che garantiva stranamente un’acustica quasi impeccabile.
Mentre attendevo l’inizio della lezione, la sala si riempì degli appassionati di canto e musicisti che erano riusciti ad iscriversi per tempo al corso (eravamo solo in otto), tutti con la scintilla della curiosità negli occhi. Poi entrò lui, Tran Quang Hai, un uomo dall’aspetto mite e umile, ma circondato da un’aura di saggezza.
Il corso iniziò con una spiegazione teorica del canto difonico, una tecnica vocale che permette di produrre due o più note simultaneamente con una sola voce. Tramite il controllo preciso delle cavità di risonanza del vocal tract, ci spiegava che è possibile isolare e amplificare le armoniche naturali presenti nella voce.
Con esempi pratici, ci disegnava con la voce delle stupende formanti, facendo risaltare ora una, ora un’altra armonica, creando un vero e proprio soundscape, tessendo insieme un paesaggio sonoro che era allo stesso tempo etereo e coinvolgente.
Poi ci chiese di provare.
Era il mio turno. Misi in pratica quanto appreso, cercando di modulare la mia voce sotto la sua guida esperta.
Mentre mi avvicinavo al centro della sala, un misto di emozione ed eccitazione mi pervadeva. Avevo con me il mio fedele registratore con l’intento di catturare ogni vibrazione, ogni nota che sarebbe emersa.
Tran Quang Hai mi fece un cenno d’incoraggiamento e iniziai a cantare, cercando di applicare la tecnica di overtone singing che aveva illustrato con tanta maestria.
Cercavo di cantare determinati armonici, ma la verità era che non riuscivo a percepire come pensavo i due suoni che avrei dovuto creare. Ero abbastanza amareggiato, presi un bel respiro nella delusione che mi pervadeva e continuai, lasciai fluire la voce ancora un altro po’ seguendo le indicazioni del maestro. Terminato l’esercizio, il gruppo mi fece i complimenti, ma pensai subito che erano i classici complimenti che venivano fatti a tutti, un gesto di cortesia: al tempo nutrivo fortissimi dubbi sulla mia capacità di riprodurre determinati armonici, di “dividere” la voce. Chiesi al maestro come mai non riuscivo, ma tutti, lui compreso, mi dissero che invece il mio esperimento era andato a buon fine.
Non capivo, non riuscivo a crederci. Non riuscivo a “sentire”.
Nelle settimane successive, tornai spesso a quella registrazione, elemento oggettivo che mi permetteva di ricalibrare il mio udito. Con il passare del tempo, mentre affinavo la mia comprensione della tecnica e la mia pratica del canto difonico, iniziai a un certo punto a percepire chiaramente nella registrazione due note distinte e simultanee che avevo prodotto quel giorno.
Fu una rivelazione. Ma perché non ero stato in grado di percepirle in quel momento?
Dal punto di vista psicologico, ciò che era accaduto aveva a che fare con la maturazione delle competenze uditive e con la familiarità con la nuova tecnica. Inizialmente, il mio orecchio non era ancora abituato a discernere gli armonici prodotti grazie alla tecnica dell’overtone singing.
È un fenomeno noto come “apprendimento implicito”, dove le abilità si sviluppano attraverso l’esposizione e la pratica, spesso senza una consapevolezza immediata. Questo tipo di apprendimento si manifesta in maniera automatica e veloce, come suggerito da Vinter: “l’apprendimento implicito si riferisce a modifiche permanenti delle attività dell’organismo, derivanti dalle interazioni con l’ambiente, che avvengono senza una consapevole intenzione” (Vinter et al., 2010).
Nella vita quotidiana, esempi di apprendimento implicito includono un bambino che, ascoltando, impara la propria lingua madre senza lezioni formali, o un automobilista che, senza rendersene conto, si adatta a riconoscere schemi nel traffico per evitare incidenti. Un altro esempio può essere il modo in cui sviluppiamo una preferenza per certi tipi di musica: potremmo iniziare a preferire il jazz dopo averlo ascoltato in vari ambienti, senza mai decidere consapevolmente di esplorarlo.
Non è un processo attraverso cui si acquisiscono conoscenze o competenze attraverso una istruzione diretta o una consapevole memorizzazione. Non implica un tentativo conscio di imparare e non è limitato alla memorizzazione di fatti o procedure; piuttosto, si estende alla capacità di percepire, elaborare e reagire a schemi che non siamo in grado di verbalizzare subito.
Avviene attraverso l’esposizione ripetuta a stimoli o contesti specifici dove esistono pattern o ruotine, ma non immediatamente evidenti. Durante questo processo, i meccanismi cognitivi di una persona elaborano queste informazioni in modo subliminale. Con il tempo, questa elaborazione porta a modificazioni nel comportamento o nelle percezioni senza una consapevolezza esplicita. Le aree del cervello spesso coinvolte includono in particolare la corteccia motoria e le regioni prefrontali, che lavorano insieme per integrare queste nuove conoscenze senza la supervisione dell’attenzione cosciente.
È quindi in netto contrasto con l’apprendimento esplicito, che è invece deliberato e consapevole e avviene attraverso l’intenzionale memorizzazione delle nuove informazioni. Questo si può osservare, ad esempio, come quando uno studente memorizza deliberatamente le date di eventi storici per un esame.
Entrambi gli apprendimenti sono necessari per la nostra vita perché permettono a tutti noi di adattarci e rispondere nel migliore dei modi agli ambienti complessi e ai rapidi cambiamenti in cui viviamo.
Tra i ricercatori chiave nel campo dell’apprendimento implicito figura Arthur Reber, che ha introdotto la teoria dell’apprendimento implicito negli anni ’60. Il suo lavoro ha dimostrato come le persone possano acquisire conoscenze complesse senza consapevolezza cosciente delle regole sottostanti. Reber ha condotto numerosi studi sull’apprendimento delle “artificial grammars” (si può scaricare un pdf qui https://www.academia.edu/6848138/Implicit_learning_of_artificial_grammars), definendo come queste conoscenze siano acquisite implicitamente e come possono essere utilizzate al fine di risolvere problemi e per prendere decisioni accurate senza un’intenzione consapevole .
Ma anche Axel Cleeremans è un altro importante ricercatore, che ha sviluppato una teoria chiamata “teoria della cognizione radicata”. Cleeremans ha studiato come i processi inconsapevoli e consapevoli emergano dalle stesse basi neurali. La sua ricerca ha contribuito a comprendere meglio come la cognizione sia strettamente legata alle esperienze corporee e sensoriali, fornendo una visione integrata dei processi cognitivi umani (si può approfondire l’argomento attraverso questo link https://journalpsyche.org/articles/0xc03a.pdf).
Anche studi più recenti di neuroscienziati come V.S. Ramachandran e Antonio Damasio hanno contribuito a spiegare come il cervello elabora le informazioni a livello subconscio.
Ma tornando alla storia del mio viaggio a Ferrara, bisogna sicuramente tener conto del peso del momento e dell’ansia di performare bene davanti a un gruppo di lavoro appena formato che potrebbero aver influito sulla mia percezione e sulla valutazione iniziale delle mie capacità.
Poi, con il tempo, la mia capacità di discernere e apprezzare le sottili sfumature del canto difonico è migliorata.
Come ogni senso, anche l’orecchio si affina con la pratica e si educa con l’esperienza. È un po’ come imparare a distinguere ogni singola spezia in un piatto elaborato .
E grazie a quel vecchio registratore, in ogni momento posso avere a portata di mano qualcosa di più prezioso di una semplice registrazione: è la prova tangibile dei miei primi passi, la conferma che avevo iniziato il mio viaggio verso la padronanza di un’arte vocale tanto enigmatica quanto affascinante. Ogni volta che lo ascolto, sento il sussurro di quella promessa, quella prima, timida conquista di alcuni suoni, quei suoni che erano solo e soltanto miei e che mi garantivano che ero riuscito nel mio intento attraverso un apprendimento al tempo per me sconosciuto.
Bibliografia
Sigrid Azouz-Ménard. (2021). Dal volontariato alla professione, dall’apprendimento implicito alla competenza. Edizioni Sapienza
Reber, A. S. (1993). Implicit Learning and Tacit Knowledge: An Essay on the Cognitive Unconscious. Oxford University Press.
Note
1 Tran Quang Hai, nato il 13 maggio 1944 in Vietnam e deceduto il 28 dicembre 2021, era un rinomato polistrumentista e ricercatore nel campo dell’etnomusicologia. Nel corso della sua carriera, ha dedicato cinque decenni alla ricerca della musica tradizionale vietnamita, contribuendo significativamente alla comprensione delle tradizioni musicali del suo paese e della regione asiatica in generale.
2 Demetrio Stratos, nato Efstratios Demetriou, era un cantante, compositore e ricercatore musicale greco-italiano, noto per la sua esplorazione delle potenzialità estreme della voce umana. Nato in Egitto nel 1945, si trasferì in Italia dove divenne famoso come frontman della band Area. Stratos esplorò tecniche vocali avanzate come il canto difonico e la polifonia vocale, spingendo i limiti della voce umana ben oltre i confini tradizionali.
Aniello D’Agostino
Psicologo in formazione e vocal coach, si sta perfezionando al fine di diventare psicologo per artisti. Parimenti, mira a sviluppare programmi di formazione esperienziale per aziende, promuovendo la crescita personale e professionale.
E-mail: dagostinonello@gmail.com