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Il back end della Teoria a U

 

“I modelli mentali sono potenti filtri. Ci aiutano a dare sensi e significati ma escludono qualsiasi cosa che non gli appartiene…Se la mappa dei nostri modelli mentali è sbagliata, i nostri giudizi o le nostre valutazioni saranno sbagliate”.                                                                                 
(Eamonn Kelly – dal Libro Theory U, Learning Organizations e Design Thinking autore Rino Panetti)

Sono arrivata alla “Teoria U” per caso, non ricordo come, e subito ho provato intensa curiosità e una forma di attrazione verso l’argomento che in seguito ho poi approfondito. Possiamo definire la “Teoria U” un processo etico, vediamo brevemente di cosa si tratta.
Premetto che non è mia intenzione esporre le fasi e i pilastri di cui si compone la Teoria entrando nei suoi tecnicismi, che potremmo definire il “front end”, piuttosto mi ripropongo di leggere e comprendere la filosofia che sottende ad essa, l’approccio mentale necessario per attuarla.

Otto Scharmer, docente al MIT di Boston, in seguito a studi condotti sul comportamento e sugli atteggiamenti di leader, scienziati, sportivi e di quelle figure che sono state innovatrici, ideò una nuova metodologia chiamata appunto Teoria U. Inoltre Scharmer svolse differenti ricerche sulla gestione del cambiamento del singolo e dell’organizzazione in cui è inserito.

Partiremo proprio da qui, dal cambiamento.
Gli ultimi due anni sono stati pervasi da differenti cambiamenti che hanno coinvolto la nostra sfera personale, quella privata e l’ambito professionale di ciascuno di noi.
Se allarghiamo la visione espandendola oltre gli ultimi due anni, possiamo affermare che il cambiamento è parte integrante della vita stessa nella sua interezza, ed è motivo di crescita. È il ciclo naturale delle cose e di ogni essere vivente, non esiste staticità e tutto è in trasformazione. Concetto banale e scontato? Vero, ma non considerarlo come necessario e imprescindibile significa rimanere in stallo, non essere allineati e piuttosto scollati da tutto ciò che ci circonda.
Succede a volte che non siamo totalmente “coscienti” del cambiamento che sta avvenendo nella nostra vita, sia dentro che fuori di noi, lo subiamo, e quando ne percepiamo la consapevolezza, l’evoluzione è già avvenuta, il cambiamento è già iniziato. Il nuovo ha già preso forma ed è tutto attorno a noi.
Esistono situazioni dove può non essere facile accettare e gestire il cambiamento perché questo richiede impegno, volontà, lungimiranza e nuove energie per affrontare e superare l’inflessibilità data da credenze limitanti. Cosa fare?
Possiamo scegliere, abbiamo due strade che possiamo percorrere, ma prima di valutare quale preferire, portiamo l’intero discorso in campo lavorativo, aziendale.

Vediamo le due possibili scelte: la prima strada è non affrontare il nuovo ma piuttosto rimanere nella costante e “rassicurante” quotidianità, per così dire rimanere nel “passato”. Lasciarsi scivolare giorno dopo giorno nella familiare routine, nell’impasse della nostra zona di confort, permettendo alle nostre voci interiori di ostacolare l’evoluzione e la crescita.
Le credenze o convinzioni che normalmente impediscono il processo del cambiamento sono tre:

  • la voce giudicante
  • la voce della paura
  • la voce del cinismo

Semplificando possiamo riassumerle nella paura di non essere all’altezza del nuovo ruolo, paura di non possedere gli strumenti necessari per affrontare il cambiamento, paura di perdere ciò che abbiamo e chi siamo, paura di non essere “riconosciuti”.

Oppure, la seconda strada è credere, essere pienamente convinti che il cambiamento è parte del processo evolutivo ed è necessario. Occorre un credito di fiducia a priori verso se stessi ed il collettivo. Abbracciare nuovi percorsi, certi che ci condurranno verso la crescita e quindi alla trasformazione che come detto è imprescindibile.
Dovremmo fare lo sforzo di affrontare le nostre paure, che oggettivamente non sono reali o concreti pericoli esterni a noi stessi, ma sono, nella maggior parte dei casi, solo timori che albergano dentro di noi.
La Teoria U utilizza la metafora del viaggio, che parte dalla persona, la mantiene al centro e ritorna alla persona stessa.

Scendere lungo il lato sinistro della “U” richiede un atteggiamento e mente aperti per affrontare resistenze di pensiero, credenze limitanti e downloading dal passato. È necessaria la nostra totale volontà ad aprirci alle emozioni. Downloading del passato ha la sua accezione in scaricare modelli di pensiero ed azione, cercare soluzioni guardando al passato. Questa è una condizione naturale, spesso inconscia, che ci fa ricercare la soluzione più facile, quella più conosciuta e sicura, senza stress, ansia e timori.
Risalire lungo il lato destro della “U” richiede, invece, integrazione di pensiero, sentimento e volontà nel contesto dell’apprendere facendo. Con la consapevolezza che l’apprendimento è del futuro e non del passato (downloading).
Si tratta di un processo di analisi che scende nel profondo dell’individuo, chiamato “punto cieco”, raffigurato nella base della nostra U, lasciando andare abitudini, pregiudizi, credenze limitanti, per poi risalire verso un futuro nuovo e differente da quello passato.
È un percorso basato sul concetto definito “Presencing”, neologismo che unisce due parole “presenza” (presence) e “sentire” (sensing). Sentire è connettersi con le più alte potenzialità, nostre, del team e dell’organizzazione. Presenza è portare il nuovo (il futuro) nel qui e ora. Parliamo di un processo che evolve da “ego-sistema”, incentrato solo sul benessere egoistico, ad un “eco-sistema”, dove il benessere è esteso a tutti, agli stakeholders. Assistiamo ad una leadership a dimensione collettiva. Il cambiamento parte dall’individuo per estendersi al gruppo.

Ultimamente sentiamo molto parlare di leadership innovativa, leadership 4.0, e secondo Scharmer essere in grado di agevolare questo tipo di cambiamento è l’essenza stessa di questo nuova modalità di vivere il ruolo di manager.
Conosciamo perché vediamo l’agire, le azioni e le scelte strategiche di un manager, Osserviamo il “fuori”, ma non sappiamo nulla del luogo “interiore” in cui tutto ha origine (scelte, strategie, azioni).
È un concetto che può apparire un po’ “new age”, ma proviamo a pensare al mondo sportivo, dove spesso si parla della forma mentis di un atleta, ossia ciò che avviene nella mente dell’atleta durante la preparazione prima di una gara. Come sappiamo la giusta predisposizione mentale porta il professionista a migliorare le proprie performance e di conseguenza dell’intera squadra. Il concetto è: ciò che è dentro è fuori.

Trasferire questo processo nel management, ossia trovare il punto chiamato “il punto cieco” da cui ha origine ogni pensiero, ogni azione, il punto interiore dal quale si agisce, perché per essere un leader efficace ed efficiente occorre capire lo spazio interiore da cui si opera.
Il processo ad “U” è come un viaggio che necessita di forte e decisa volontà, oltre che di energia. Si parte da dentro di noi, un percorso interiore con una intima connessione con se stessi.
Valutiamo le sei capacità che una persona deve possedere e senza le quali il processo ad U è inefficace:

  1. ASCOLTARE. Parliamo di un ascolto rivolto a noi stessi ed agli altri. Per ciò che siamo chiamati a fare (progetto, obiettivi, strategia, ecc.) e per quello che emerge dal collettivo, ossia tutte le figure strettamente collegate al nostro operare e coinvolte nella mission di ruolo.
    Esistono quattro tipologie di ascolto:
    • Ascolto del riprendere: al termine della conversazione c’è una riconferma di quello che già si sapeva prima di iniziare l’interazione.
    • Ascolto fattivo: lasciamo che siano i dati a parlare. Abbiamo acquisizione di informazioni nuove, differenti da quelle già in nostro possesso.
    • Ascolto empatico: occorre un cuore aperto, per poter vedere la situazione con gli occhi dell’altro. Volendo scomodare Aristotele: “Educare la mente senza educare il cuore, significa non educare affatto”.
    • Ascolto generativo: non solo il cuore aperto ma anche una volontà aperta. Al termine della conversazione ci rendiamo conto che non siamo più la stessa persona di quando abbiamo iniziato. Abbiamo vissuto un sottile ma profondo cambiamento, che ci ha collegati al nostro sé migliore.
  2. OSSERVARE con la mente aperta, sospendendo il giudizio o eventuali pregiudizi fondati su esperienze passate. Si tratta di sospendere le nostre convinzioni interne e aprire un nuovo spazio di interazione e costruzione del nuovo con l’altro;
  3. SENTIRE ossia connettersi al proprio cuore. Aprire la mente per percepire la realtà con occhi nuovi. Aprire il cuore per vedere la situazione nel suo insieme. Aprire la volontà per agire facendo emergere un nuovo insieme;
  4. PRESENCING connettersi con la fonte più profonda di sé e della nostra volontà. Lasciar andare ciò che conosciamo, i pensieri che seguono la logica sequenziale, per lasciar entrare il futuro;
  5. CRISTALLIZZARE è dare spazio al potere della volontà del singolo individuo e del suo collettivo. Quando una squadra è focalizzata sui risultati di un progetto, la potenza del loro insieme di interazione genera un’energia che attrae le persone e le opportunità che fanno accadere le cose;
  6. PROTOTIPARE ossia integrare testa, cuore e mani.
  •  

Otto Scharmer ci fa riflettere. Spesso guardiamo al passato per affrontare il presente, ossia prendiamo spunto da ciò che è accaduto in passato per affrontare la situazione che stiamo valutando. Però non sempre riflettere sulle esperienze vissute ci è d’aiuto, a volte può essere un ostacolo che ci impedisce di guardare al contesto nuovo con occhi differenti apportando nuove soluzioni.
La Teoria U è pensare fuori dagli schemi e far emergere il potenziale più profondo nostro e dell’altro, nell’intero processo. È un nuovo paradigma di pensiero che ambisce rispondere alla domanda “Perché sono qui? Cosa voglio generare?”
È davvero un nuovo modo di vedere, sentire e vivere la leadership, è rompere gli automatismi con una visione sistemica, lasciandoci alle spalle ciò che ci condiziona facendoci intraprendere sempre la solita strada.
È rispondere sì alla chiamata ed iniziare il viaggio al di fuori della nostra zona di confort.
Il piacere è stato di condividere con voi, con il lettore che ha dedicato tempo a questa stesura, lo spirito, il valore, il senso che rappresenta e racchiude in sé questa accorta Teoria. Grazie Otto Scharmer!

“Un uomo ha bisogno di nuove esperienze, che gli restino dentro arricchendolo e gli consentano di crescere. Senza cambiamenti qualcosa si addormenta dentro di noi e raramente si sveglia. Il dormiente deve svegliarsi”
dal film Dune di David Lynch

Maria Teresa Bernasconi

Socia AIF e retail trainer freelance. Esperta di dinamiche in ambito retail, appassionata di comunicazione e soft skills. Master People Management 24 ore Business School. Occuparmi di formazione è il senso e l’obiettivo è aiutare a creare valore con e per le persone.

E-mail: info@mariateresabernasconi.it

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