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La paura del giudizio

La maggior parte degli adulti smette di disegnare intorno agli 11 anni e questo perché facciamo l’errata associazione:
Disegno = Arte
Arte = esporre qualcosa per essere giudicati

Fin da bambini veniamo abituati al fatto di essere giudicati, di ricevere il voto per il disegno, per il compito; di far bene o far male; di rispondere giusto o sbagliato.
Il fatto è che in effetti non sempre esiste giusto o sbagliato, bravo o meno bravo. Quello che esiste sempre è il processo che ci ha portati a dire, fare, sentire determinate cose.
Leggiamo spesso di quanto sia utile sospendere il giudizio in contesti specifici come ad esempio durante una sessione di brainstorming, caso in cui sappiamo già che salteranno fuori tante idee non necessariamente solide e non vale quindi la pena giudicare in quel preciso istante. Leggiamo meno della possibilità di sospendere il giudizio in altri contesti magari altrettanto utili.

Pensare al processo
E se imparassimo a sospendere il giudizio a prescindere dal contesto per concentrarci maggiormente sul processo?
Quando un bambino disegna siamo subito portati a dire “bravo” oppure “bello”, è più difficile invece chiedere:

  • cosa hai disegnato?
  • a cosa stavi pensando?
  • a te piace?
  • perché hai scelto di usare questi colori?

Lo stesso discorso, se ci allontaniamo dai bambini e dal disegno, può essere esteso ad altre situazioni, pensiamo ad esempio ad una persona che ci dice di aver fatto una certa cosa piuttosto che un altra.
Siamo sicuri di indagare realmente sui motivi che portano un collaboratore ad una determinata scelta prima di arrivare a dire “bene” o “male”?
Se la sospensione del giudizio venisse applicata a prescindere dal contesto, avremmo la possibilità di crescere ogni giorno come persone perché meno interessati a cosa può accadere e più curiosi rispetto al cosa sto facendo, come lo faccio e soprattutto perché lo faccio.

Il miglioramento continuo passa dall’osservazione del processo
Sospendere il giudizio ci permette più facilmente di concentrarci sul processo generativo, senza preoccuparci delle conseguenze e poter così progettare percorsi di crescita che siano reali ed efficaci. Parlo di percorso di crescita in senso ampio, può trattarsi di un progetto in azienda, un’attività personale o qualsiasi altro evento che richieda un investimento di tempo ed energia da parte nostra.
Se avessimo seriamente la possibilità di concentrarci sul processo, avremmo maggiori possibilità di indagare su cosa possiamo migliorare per fare sempre meglio una determinata azione, mentre invece siamo spesso portati a guardare il punto di arrivo e produrre il risultato nel minor tempo possibile (qui potremmo aprire il dibattito tra efficace versus efficiente, ma questa è un’altra storia).

Nel caso del disegno si tratta di comprendere cosa sto disegnando e come:

  • linee a matita?
  • cerchietti colorati?
  • quale pattern sto utilizzando, e perché?

Nel caso più generale si tratta di prestare attenzione a quello che facciamo e comprenderne le dinamiche nel tentativo di migliorarle se necessario o goderci il fluire del processo che magari è già di per sé ben strutturato e guardarlo con una visione sistemica più ampia per valutarne, ad esempio, attinenze con altri processi simili ai quali può essere applicato.

Il processo di pianificazione naturale è un flusso vincente
Il processo di pianificazione naturale del nostro cervello prevede diverse fasi:

  • visualizzare il risultato finale;
  • immaginare come sarà o potrebbe essere e quali saranno le nostre sensazioni;
  • attivare una fase di brainstorming inconscia sulle possibilità a disposizione;
  • definire una lista di priorità e preferenze rispetto alle azioni da fare;
  • scegliere quali azioni fare effettivamente tra tutte quelle ipotizzate;
  • definire il primo passo da compiere, la prima azione concreta, per avvicinarci all’obiettivo.

Questo processo di pianificazione, che è naturale in certi casi, non lo è ad esempio in molte situazioni tipiche del lavoro dove invece puntiamo all’obiettivo spesso senza studiare il processo e le possibili mosse e alternative da fare. Giusto per capirci, pensate a quello che fate per organizzare una vacanza e poi pensate a quello che fate quando in azienda vi chiedono di seguire un nuovo progetto:

  • la vacanza si pianifica, si anticipa con la mente, si organizza scegliendo l’albergo, valutando i posti da visitare e i tempi a disposizione, considerando il budget di spesa e le esigenze dei familiari;
  • il progetto si prende frontalmente di petto, si comincia ad analizzare quello che abbiamo, si scoprono i vincoli e i problemi da gestire e si parte immaginando di far bene arrivati alla fine.

In chiusura
Se imparassimo ad essere più concentrati sul percorso/processo piuttosto che guardare il traguardo temendone il giudizio finale, riusciremmo più facilmente a identificare i punti di miglioramento e comprendere sempre di più i passi necessari per avvicinarci al nostro risultato. Se vuoi ulteriormente approfondire questi concetti prova a leggere il libro “Detto Fatto” di David Allen [1]David Allen “Detto, Fatto” Ed. Pickwick – prima edizione 2001 in cui l’autore ci parla di questo ma più in generale di concetti che riguardano l’organizzazione e il modo di prendere decisioni per organizzare al meglio il nostro lavoro.

Luca Cianci

Agile coach e Facilitatore, è uno dei co-fondatori de L’Officina Educativa e titolare di Mattoncino BLU. Da oltre 20 anni aiuta le persone a collaborare insieme facendo emergere il potenziale del gruppo, favorendo la condivisione delle informazioni e stimolando la ricerca di soluzioni all’interno del team mediante l’approccio sistemico. 

E-mail: luca.cianci@mattoncinoblu.com

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Riferimenti

Riferimenti
1 David Allen “Detto, Fatto” Ed. Pickwick – prima edizione 2001

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