Che cos’è la qualità totale?
Ho pensato di utilizzare il titolo del libro di Kaoru Ishikawa [1]“Che cos’è la qualità Totale” di Kaoru Ishikawa, Il Sole 24 Ore, 2004. per questo articolo, anche se sotto forma di domanda, in quanto credo che nonostante il testo abbia oltre mezzo secolo, la domanda sia invece sempre molto attuale.
Nella mia esperienza professionale ho potuto incontrare i testi di molti autori con vari approcci e strumenti riconducibili ai principi della Qualità. Ho lavorato e mi sono confrontato con molti esperti in quest’ambito, ma nei momenti di maggiore difficoltà o quando dovevo affrontare un nuovo progetto, in questo testo che anche nell’aspetto si presenta in maniera essenziale, ho sempre trovato utilissimi spunti e risposte.
Il libro è la rappresentazione completa di un modello e degli strumenti utili a mettere in pratica il Total Quality Control (TQC) in un’organizzazione, indipendentemente dall’attività che la stessa svolge, dalle sue dimensioni o dagli obbiettivi che persegue.
L’autore, già all’inizio del testo, auspica che l’adozione del suo modello da parte delle aziende consenta alle stesse di “diventare strumenti per il miglioramento della qualità della vita non solo dei giapponesi, ma di tutti i popoli, contribuendo in tal modo a diffondere la pace nel mondo.”
Un obbiettivo sicuramente ambizioso, però una delle prime cose che ho appreso lavorando con la Qualità, in termini di approccio alle attività, è proprio questo: essere realisticamente ambiziosi! Ovvero un altro modo per esprimere il noto concetto di miglioramento continuo.
L’autore, inoltre, sottolinea come la formazione sia una delle leve fondamentali per la realizzazione del TQC, pertanto, anche per questo motivo, credo che la conoscenza di questo testo ancora oggi possa essere di grande interesse per tutti coloro che operano nell’ambito della formazione.
Fatta questa doverosa premessa, mi preme raccontare questa mia recente esperienza.
Circa otto mesi fa sono stato incaricato di ricoprire un diverso ruolo professionale, sempre all’interno della medesima azienda in cui lavoro da diversi anni, nel quale la mia responsabilità di gestione del personale e delle attività è sensibilmente maggiore rispetto al mio ruolo precedente.
Dopo un primo periodo di spaesamento in cui mi sono trovato catapultato in attività abbastanza nuove con un team di circa quindici collaboratori che facevano riferimento a me, oltre ad una mole di attività correnti che dovevano essere svolte e portate avanti in tempi ristretti, ebbi l’idea di ricercare in libreria quel testo sulla Qualità Totale che ben ricordavo di avere, anche se non ricordavo esattamente in quale scaffale lo avevo collocato.
Nel frattempo avevo attivato colloqui con le persone del mio nuovo team; prima di tutto per conoscere la loro storia professionale, le attività che svolgevano e le difficoltà che avevano nello svolgerle. In questi primi colloqui ho cercato di privilegiare l’ascolto, cercando di raccogliere informazioni che poi mi sarebbero state utili, facendo particolare attenzione ai dettagli ed ai termini che utilizzavano nei loro racconti (ad esempio proposizioni positive o negative), se preferivano dilungarsi o meno nel colloquio, parlando anche della propria situazione personale o in generale di esigenze che mi manifestavano.
Trovato poi il libro ho iniziato a cercare di collegare quanto mi avevano raccontato i miei nuovi collaboratori con quello che consigliava Ishikawa nel suo prodigioso testo!
I problemi di cui mi avevano parlato erano parecchi ed io certo non avrei potuto affrontarli tutti assieme e in così poco tempo; inoltre, avrei dovuto provare a capire quali di questi erano i più critici e meritevoli di essere affrontati il prima possibile.
Circa un terzo del team mi segnalò di avere problemi di interazione con i colleghi che operavano nei processi strettamente correlati a quelli della nostra unità e con i quali dovevamo interfacciarci, in particolare connesso ad un uso eccessivo e a volte improprio delle e-mail. Altri colleghi mi segnalarono problemi di “isolamento”, in quanto si trovavano in smart working da quasi due anni a causa della pandemia e anche nelle poche presenze in ufficio rientravano in sedi collocate in diverse città del territorio, per cui, anche quando si recavano in ufficio, condividevano questo spazio con colleghi che non appartenevano né alla nostra unità, né alla nostra famiglia professionale.
Con questi racconti e riflessioni nella mente da una parte e dall’altra il testo di Ishikawa, mi cadde lo sguardo sul capitolo dei Circoli della Qualità e subito pensai: “Ecco!! Questa può essere la risposta a questi problemi di cui mi hanno parlato i colleghi!”
I Circoli della Qualità sono una metodologia aziendale per la soluzione di problemi o per il miglioramento della qualità e consistono nella creazione di piccoli gruppi di lavoratori costituiti volontariamente che si incontrano con il management per discutere e proporre azioni migliorative nella propria unità organizzativa, utilizzando le tecniche di controllo qualità. I circoli rientrano anche tra le tecniche bottom-up, ovvero consentono l’emersione di problemi dal basso verso l’alto.
In generale i circoli si pongono l’obbiettivo di:
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aumentare la collaborazione e cooperazione tra gli attori di un processo;
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trovare soluzioni creative a problemi pratici partendo dal basso dell’organizzazione;
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creare un ambiente favorevole al miglioramento.
Sulla base di questi presupposti inizio ad attivarmi per avviare concretamente questa sperimentazione, presentando prima l’idea ai responsabili della mia struttura.
Trovo terreno molto favorevole e vengo sostenuto dalla direzione per avviare rapidamente quest’iniziativa; quindi individuo un piccolo gruppo di quattro colleghi a cui faccio questa proposta, i quali accettano molto volentieri e dopo circa quattro mesi dal mio nuovo incarico è tutto pronto e facciamo il primo incontro assieme, tutti molto entusiasti e motivati a partecipare a questo lavoro!
Nel primo incontro di avvio del progetto, che svolgiamo in presenza tra di noi e con i responsabili delle Direzione collegati “a distanza”, condividiamo il motivo della creazione di questo gruppo (sarà il gruppo stesso a darsi un nome!), gli obbiettivi che ci prefissiamo e la metodologia che utilizzeremo, che sarà ovviamente quella proposta da Ishikawa, ed in particolare sarà mio compito fornire al gruppo gli elementi e gli strumenti utili e necessari affinché ciò sia reso possibile.
Dopo la premessa e la condivisione dei motivi che ci avevano riunito, iniziamo con un brainstorming, in cui ognuno espone le principali criticità che solitamente incontra nello svolgere le proprie attività.
Il clima è frizzante e creativo e dopo circa un’ora di dibattito emergono molti temi importanti su cui lavorare; di conseguenza abbiamo condiviso che non avremmo potuto lavorare contemporaneamente su tutti quei problemi che avevamo fatto emergere (continuando anche a garantire lo svolgersi delle attività correnti), per cui decidemmo di partire da un tema principale, scelto in base ai seguenti criteri:
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doveva essere nella nostra possibilità concreta poter incidere direttamente su quel determinato processo;
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doveva apportarci il maggiore beneficio possibile;
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doveva poter essere attuato in un tempo contenuto.
Alla fine del primo incontro, di circa una giornata, avevamo individuato il processo sul quale poi avremmo lavorato negli incontri successivi.
Nel secondo incontro, riprendendo quanto fatto la prima volta, i colleghi lavorarono sul processo individuato (un processo di progettazione che coinvolge e richiede il contributo di diversi specialisti di ambiti e temi diversi tra di loro), iniziando a disegnare assieme come ora veniva svolta l’attività e come invece avremmo voluto che fosse fatta in futuro. In questa fase svolsi volutamente il ruolo di osservatore registrando le modalità di interazione del gruppo e cercando di individuare un potenziale leader.
Dopo il secondo incontro, a distanza di circa un mese e mezzo dall’avvio, avevamo pronta in versione completa la nostra proposta (anche se non ancora definita in tutti i dettagli operativi affinata poi nel successivo terzo incontro), che abbiamo prontamente presentato alla direzione per condividere il percorso che volevamo attivare, chiedendo contemporaneamente la disponibilità di una risorsa dell’unità con processi interconnessi alla nostra e che veniva fortemente impattata dalla nuova proposta, in modo da avere il supporto di un “nostro partner esterno”. Questa figura è per noi molto importante per la buona riuscita del progetto, ed il suo ruolo è quello di promuovere la nostra proposta presso la sua unità.
Dopo circa quattro messi dall’avvio, nel quarto e ultimo incontro del gruppo (sempre in compresenza) abbiamo ridisegnato questo primo processo affrontato e siamo pronti per avviare la sua messa in opera sperimentale; nei prossimi mesi ci sarà un breve periodo di osservazione e raccolta di informazioni e di criticità riscontrate, per il successivo affinamento del processo stesso e la sua messa in funzione definitiva.
L’entusiasmo e la soddisfazione dei partecipanti al lavoro prodotto dal gruppo ha dato grande fiducia e già dai prossimi mesi siamo certi che vedremo i frutti di questo progetto che in sostanza ha l’obbiettivo di dare consapevolezza agi attori dei vari processi correlati tra di loro dell’importanza fondamentale che ognuno di loro partecipi attivamente alla “co-costruzione” del processo per la sua migliore riuscita, con vantaggio evidente da parte di tutti!
Mi piace concludere con questa frase presente nella copertina del prezioso libro di Ishikawa:
“La qualità deve essere costruita in ogni progetto e in ogni processo”.
Gianluca Chierici
Lavora a Bologna come Referente di Area per i procedimenti autorizzativi e patrimoniali nel settore energetico di una multinazionale, maturando negli anni un’ampia esperienza in questo settore; di estrazione tecnica è laureato in Scienze della Formazione, divenendo esperto nella creazione e gestione di gruppi di lavoro e principi e tecniche per la Qualità nelle organizzazioni.
E-mail: chierici.gl@gmail.com
Riferimenti
↑1 | “Che cos’è la qualità Totale” di Kaoru Ishikawa, Il Sole 24 Ore, 2004. |
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