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Esplorare il proprio lato intangibile attraverso il metodo Colorexploring – parte 2

Introduzione

Nell’articolo pubblicato sullo scorso numero di AIF Learning News,      abbiamo visto come il Colorexploring possa aiutarci a capire meglio i diversi  aspetti del nostro modo di pensare e quindi di agire – di cui spesso non siamo consapevoli – attraverso l’espressione spontanea con il colore e l’apprendimento del linguaggio visivo.

Questa volta, vogliamo raccontarvi alcune esperienze di applicazione del metodo in ambito aziendale utilizzato spesso per fare emergere, in modo rapido ed incisivo, dinamiche relazionali “nascoste” che disturbano la collaborazione nei gruppi di lavoro, ostacolando il miglioramento dei processi organizzativi. Stiamo parlando del lato intangibile delle organizzazioni, che incide sul loro buon funzionamento più di quanto si possa pensare. Infatti, l’aspetto materiale e tangibile con cui si manifesta un’organizzazione (il luogo, la struttura, le persone che vi lavorano, attrezzature e macchinari, documenti, ecc.) è solo una parte di un sistema complesso, dove ciò che “non possiamo vedere” riveste un ruolo determinante.  Ce lo spiega chiaramente Allan Kaplan [1]Kaplan A., 1999, Development Practitioners: Artists of the Invisible, CDRA’s Annual Report 1998-99 quando afferma che in un’organizzazione “…non possiamo vedere le relazioni tra le persone e l’evoluzione di tali relazioni. Non possiamo vedere la motivazione o l’insicurezza negli oggetti solidi. Non possiamo vedere la cultura organizzativa, o il potere o la sua mancanza.”

Gli aspetti intangibili che devono essere riconosciuti devono diventare oggetto di introspezione, se l’organizzazione vuole mantenersi in uno stato di salute, cioè di efficacia operativa e benessere psicologico. Accade spesso, nelle organizzazioni, che le persone impegnate in un team di lavoro per il perseguimento di obiettivi comuni, non riescano ad ottenere risultati soddisfacenti proprio perché non consapevoli di problematiche e conflittualità latenti che minano la collaborazione all’interno del gruppo. Talvolta, si tratta semplicemente di avere uno sguardo pregiudizievole sugli altri, o considerare come una minaccia un comportamento diverso dal proprio. In questi casi, per superare le resistenze individuali e favorire un approccio di valorizzazione della diversità, è necessario un lavoro di presa di coscienza collettiva che permetta alle conoscenze “tacite”, come suggerisce Francesco Novara [2]Novara F., 2008, Si può guarire l’organizzazione? Esperienze professionali, proposte metodologiche e teoriche, in “Psicologia sociale” 1/2008, il Mulino, di diventare “esplicite”, comunicabili, discutibili, aperte a influenze reciproche e a rinnovamenti.

In questo percorso il Colorexploring può essere di aiuto, perché con il linguaggio visivo è possibile creare le condizioni per un contesto privo di preconcetti, in cui rendere manifeste quelle problematiche che, operando in modo sotterraneo, inficiando l’attività sinergica del gruppo. La caratterizzazione, cioè l’attenta osservazione dell’immagine creata per interpretare il linguaggio visivo (vedi articolo su AIF LN maggio 2024) “svela” questa realtà intangibile rendendola oggetto comune di osservazione e confronto. Durante i nostri interventi, introduciamo spesso un’esercitazione efficace per evidenziare in tempi rapidi i principi guida che orientano il pensiero ed il comportamento del gruppo nonché le caratteristiche dei singoli membri.  Lo abbiamo denominato “ esercizio dei quadranti”,  poiché nel suo svolgersi, ricorda il ritmo ed il movimento delle lancette sui quadranti di un orologio. 

Durante questo esercizio, i partecipanti hanno a disposizione tre pennarelli neri di diverse dimensioni, fogli bianchi ed un obiettivo chiaro: creare un’opera armoniosa in cui il rapporto tra gli spazi bianchi e quelli riempiti dai segni neri sia bilanciato. L’idea è che la composizione finale mostri un equilibrio visivo tra i vuoti e i pieni. Infatti, l’utilizzo del bianco e del nero non è una scelta casuale bensì determinante per la rapida lettura dei risultati, che consente a tutti di valutare rapidamente se l’obiettivo dell’esercizio è stato raggiunto. Questi due colori che simboleggiano le polarità estreme di luce e oscurità vengono percepiti come il massimo della contrapposizione, ed il massimo contrasto tra colori crea impatti visivi significativi, come enunciato da Johannes Itten [3]Itten J., 1961, Kunst der Farbe, Ravensburg, Otto Maier Verlag. nel suo studio sugli effetti creati dalle differenze cromatiche.

Bianco e nero sono stati a lungo considerati come “non-colori” dopo che Isaac Newton li aveva eliminati dallo spettro dei colori. Tuttavia, grazie agli artisti del primo Novecento essi hanno ritrovato ciò che per secoli, se non addirittura per millenni, è stato il loro posto: autentici colori, punti di forza di tutti i sistemi cromatici.

 

 

Durante l’esercizio dei quadranti, ogni partecipante è libero di esprimersi a suo piacimento, con l’unica restrizione di non utilizzare parole scritte. Questa libertà consente di mettere in luce le varie abilità ed inclinazioni dei membri del gruppo. Inizialmente, ognuno lavora sul proprio foglio, libero di esprimersi creativamente ma, dopo un breve lasso di tempo, dovrà passare il foglio al proprio vicino. Questo passaggio viene ripetuto più volte in modo tale che ciascun partecipante debba anche confrontarsi di volta in volta con il lavoro altrui.

Il risultato finale è sempre molto interessante poiché il disegno, che differisce sostanzialmente dal linguaggio verbale, offre una modalità particolare per indagare i problemi che vengono mostrati sotto una luce diversa. Questo permette di individuare, in tempi rapidi, sia le caratteristiche distintive di ciascun partecipante, che i principi guida che influenzano il  pensiero e il comportamento del gruppo nel suo insieme.

                               

 

La descrizione di due esperienze concrete può illustrare meglio l’applicazione di tale metodologia. Parleremo dei casi di due imprese del Nord-est, che in fasi diverse della loro vita aziendale, si erano trovate alle prese con significativi cambiamenti nei rispettivi mercati di riferimento. Ciò rendeva necessario innovare i processi organizzativi con il coinvolgimento attivo e la partecipazione costruttiva dei responsabili di settore, incaricati di organizzare e coordinare dipendenti e collaboratori. D’altro canto, era proprio a questo livello che si manifestavano atteggiamenti conflittuali che ostacolavano i tentativi di rinnovamento. Per rafforzare il senso di coesione e collaborazione all’interno della comunità aziendale, era necessaria un’azione incisiva che consentisse di rendere i responsabili di settore consapevoli sia del loro modo di pensare e agire, che dell’influenza che questo poteva determinare sullo sviluppo organizzativo.

 

Caso 1

L’Azienda A, attiva nel settore della lavorazione plastica e nata dalla visione di un imprenditore pioniere, aveva sviluppato le sue attività grazie ad un passaggio generazionale nella direzione. Il periodo di rapida espansione che stava vivendo richiedeva una ristrutturazione organizzativa, ed era cruciale affrontare i punti di resistenza al cambiamento per guidare il gruppo dei responsabili attraverso la riconfigurazione dei vari settori.

Durante lo svolgimento dell’esercizio dei Quadranti, abbiamo immediatamente notato come tutti avviassero il lavoro cercando ripartizioni lineari, semplici e razionali, e di come, nei passaggi successivi, ognuno si adeguasse al tipo di suddivisione bianco/nero già adottato. Solo un membro del gruppo ha cercato un approccio più articolato e creativo, con un disegno meno lineare e più complesso, ma dopo aver osservato gli altri, ha desistito e si è conformato al metodo scelto dalla maggioranza. Durante l’esercizio, ogni partecipante lavorava con lo sguardo basso sul foglio, in una postura rigida e con scarsa curiosità verso il lavoro degli altri. Terminata la realizzazione del disegno, abbiamo avviato la fase di caratterizzazione sollecitando le persone, attraverso domande chiave, a rileggere il risultato ottenuto ed il significato che l’immagine creata collettivamente rimandava loro.

 

Riportiamo alcune frasi che riassumono quella che è una reazione piuttosto comune, cioè la meraviglia di fronte all’aspetto imprevisto che il problema assume, rimasto fino a quel momento fuori dalla portata della coscienza:

 

“Come al solito, siamo riusciti nel nostro compito, anche se abbiamo scelto la strada più facile”.           

 

“Alla fine abbiamo fatto praticamente tutti la stessa cosa”.

 

“Mi sono trovato con un foglio già diviso a metà tra bianco e nero e non potevo fare niente”.

 

“Non siamo stati molto creativi, anche se nessuno ci stava davvero mettendo dei paletti”.    

L’uniformità nell’adesione al modello standard bianco/nero, ha messo in luce la difficoltà nel superare le proprie abitudini consolidate (abbandonare la propria zona di comfort) e di adottare un pensiero più flessibile e aperto al cambiamento. Attraverso l’esercizio il gruppo è diventato consapevole delle proprie convinzioni autolimitanti.

 

Caso 2

L’ Azienda B, una lavanderia industriale legata al settore dell’alta moda, in seguito alle nuove politiche dei pochi clienti storici, si trovava di fronte ad una drastica riduzione di commesse e nella necessità di diversificare il proprio mercato di riferimento.

Quando i responsabili di settore hanno cominciato a lavorare sul bianco e nero, è apparso subito evidente che c’erano due approcci distinti nel raggiungere l’obiettivo finale. Una parte del gruppo aveva optato per soluzioni più articolate e creative, mentre l’altra cercava suddivisioni lineari e veloci; due modalità che erano agli antipodi. Al termine del lavoro abbiamo deciso, in vista della rilettura finale, di evidenziare questa realtà raccogliendo separatamente le due tipologie di immagini.

 

 

I partecipanti sono rimasti sorpresi dalla differenza nei due tipi di disegno ma ancor più dal fatto che i rispettivi autori appartenessero a settori distinti (produzione e amministrazione l’uno, sviluppo e prototipia l’altro). Gli stessi settori che lamentavano visioni divergenti nel tentativo di riorganizzazione delle attività. L’esperienza del disegno aveva fatto emergere tale divergenza in un contesto privo di conflittualità, rendendo possibile un momento di consapevolezza collettiva: bisognava confrontare questa  difformità      di approccio in un’ottica di valorizzazione della diversità per poter affrontare positivamente il cambiamento.

La sorpresa è un momento topico del processo che conduce verso la consapevolezza. E, come sostiene Jerome Bruner: ” le sorprese effettive (…) hanno la caratteristica di essere ovvie quando avvengono, producendo uno choc al momento del riconoscimento…” [4]Bruner J., The conditions of Creativity, 1979.

 

Nei due esempi abbiamo visto come l’espressione, attraverso l’immagine e la sua rilettura, abbia il potere di sorprendere perché svela il lato intangibile di una realtà, aiutandoci a comprenderne meglio tutti i suoi aspetti.  Come se qualcuno togliesse un velo davanti ai nostri occhi e potessimo vedere qualcosa di conosciuto ma in modo nuovo, cogliendone importanti particolari a noi prima ignoti.

 

 

 

Due mondi professionali distanti, quelli di Sandra e Barbara Marziali, che il comune interesse per la creatività e l’apprendimento è riuscito ad unire in modo sinergico nel metodo Colorexploring.

Sandra Marziali è illustratrice, docente di discipline artistiche e consulente di arti visive. Ha lavorato per l’editoria e nel settore pubblicitario in Italia e all’estero. Ha collaborato con le maggiori agenzie pubblicitarie nazionali ed internazionali per famosi brand come Camel, Mc Donald’s, Esso, Hertz, Renault, Swatch, Unilever e altri. Come consulente di arti visive ha realizzato campagne di comunicazione e animazione sociale, mostre per enti privati, pubblici ed organizzazioni internazionali come Salone Nautica di Genova, Comune e Provincia di Roma, International Fund Agricultural Development, Istituto Italo Latino Americano e il Museo Pigorini. 

E-mail: sandramarziali@gmail.com

Barbara Marziali è facilitatrice di apprendimento adulto, formatrice certificata AIF (Associazione Italiana Formatori). Ha collaborato con il CNR e il Nederland Pedagogische Institut sui temi dello sviluppo organizzativo e delle persone. Come esperta di empowerment e capacity building ha collaborato con organizzazioni internazionali ed agenzie delle Nazioni Unite (International Fund for Agricultural Development, European Training Foundation, EC Humanitarian Office e altri) in diverse aree geografiche del mondo (America Latina, Medio Oriente, Africa, Europa orientale).

E-mail: b.marziali@gmail.co

 

Autore

Riferimenti

Riferimenti
1 Kaplan A., 1999, Development Practitioners: Artists of the Invisible, CDRA’s Annual Report 1998-99
2 Novara F., 2008, Si può guarire l’organizzazione? Esperienze professionali, proposte metodologiche e teoriche, in “Psicologia sociale” 1/2008, il Mulino
3 Itten J., 1961, Kunst der Farbe, Ravensburg, Otto Maier Verlag.
4 Bruner J., The conditions of Creativity, 1979

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