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Lezioni da un workshop esperienziale: il fiore di Plutchik

Era il primo workshop in cui ero stato invitato a tenere delle lezioni di formazione di tipo esperienziale, insieme ad altri formatori molto competenti.

Finalmente, dopo lunghe lezioni di teoria, pratica e vari corsi, avrei potuto mettere la mia personalità, le mie conoscenze e la mia voglia di fare a disposizione di persone che non solo avevano la motivazione, ma anche la necessità di crescere in un ambiente lavorativo sempre più mutevole e complesso.

La formazione esperienziale è un metodo di apprendimento che enfatizza l’importanza delle esperienze dirette come mezzo per acquisire conoscenza e abilità. Si basa sull’idea che gli individui apprendano meglio quando sono direttamente coinvolti in un’attività pratica piuttosto che attraverso metodi didattici più passivi come le lezioni frontali o la lettura. Questo tipo di apprendimento include una gamma di attività, dai role playing e simulazioni a esercizi all’aperto e progetti pratici.

Uno degli aspetti fondamentali della formazione esperienziale è il Ciclo di Kolb, sviluppato da David A. Kolb. Questo modello di apprendimento può essere immaginato come un processo ciclico che comprende quattro fasi principali:

  1. Esperienza concreta: l’individuo si immerge direttamente in una nuova esperienza pratica o viene coinvolto in una situazione realistica ma controllata.
  2. Osservazione riflessiva: dopo l’esperienza, la persona riflette su ciò che è accaduto, considerando da diverse angolazioni l’esperienza vissuta e cercando di capire i vari aspetti di quanto accaduto.
  3. Concettualizzazione astratta: successivamente, si  usa la riflessione per sviluppare nuove idee su come si possano gestire o affrontare situazioni simili in futuro, creando nuove teorie o modelli concettuali che possano tener conto delle osservazioni precedenti.
  4. Sperimentazione attiva: infine, l’individuo applica le teorie a situazioni del mondo reale per vedere come funzionano. Questa fase può portare a nuove esperienze concrete, riavviando il ciclo.

Durante la prima giornata del workshop, ci fu un esercizio particolarmente illuminante sia per me che per i partecipanti.
Avevamo appena finito un nuovo esercizio che richiedeva una certa dose di vulnerabilità. Eravamo tutti seduti in cerchio, stanchi ma emotivamente aperti dopo il lavoro intenso della mattinata, che non solo aveva messo alla prova le nostre capacità di problem solving ma aveva anche scosso profondamente le nostre emozioni, dando filo da torcere a noi formatori nel gestire e guidare efficacemente queste dinamiche.
Eravamo quindi nella seconda fase del ciclo di Kolb e si richiedeva a ciascun membro del gruppo di condividere le emozioni e le sensazioni del momento.
Uno dopo l’altro, i discenti si esploravano e verbalizzavano i loro momenti di tensione, ma qualcosa non quadrava.
Una delle partecipanti, molto attiva durante l’attività, finalmente prese parola e descrisse un incontro con un suo superiore molto esigente. Mentre parlava riemerse in lei una grande rabbia che cresceva esponenzialmente. Ma al contempo la sua voce tremava e i suoi occhi si riempivano di lacrime, suggerendo un certo contrasto con la rabbia che affermava di provare.

Mi presi qualche secondo per riflettere, poi, una volta che sembrò calmarsi, dissi con tono calmo: “hai fatto un ottimo lavoro descrivendo quell’incontro. Ora, permettimi di lavorare un po’ con te, ti va?”

“Certo,” rispose lei.

“Bene. Vorrei che riflettessi un momento. Pensi davvero che “rabbia” fosse l’emozione predominante in quella situazione?”

Lei guardò verso il basso, poi lentamente alzò gli occhi verso di me. “Non sono sicura”, ammise con voce incerta.

“Ti incoraggerei a considerare se ci possano essere altre emozioni in gioco qui, forse qualcosa collegato alla rabbia, ma distinto da essa. Perché non dai un’occhiata al Fiore delle Emozioni di Plutchik qui sulla tavola? Potrebbe aiutarti a identificare cosa stavi realmente sentendo”.

Lei si avvicinò al poster che mostrava il Fiore delle Emozioni, e tutti la osservarono mentre osservava i vari petali colorati. Dopo un momento di silenzio, si voltò verso di me con un’espressione un po’ più distesa.

“Potrebbe essere che non fossi solo arrabbiata. Forse mi sentivo anche impotente… Spaventata?”

“Questo è molto importante”, risposi, riconoscendo il valore di quell’intuizione. “Grazie per aver condiviso il tuo stato d’animo con tutti noi. È fondamentale riconoscere queste emozioni perché esse ci permettono di comprendere meglio noi stessi e di gestire situazioni simili in futuro con maggiore consapevolezza. Comprendere meglio te stessa migliora anche le tue relazioni con gli altri, perché quando sei chiara sulle tue emozioni, puoi comunicare più efficacemente i tuoi bisogni”.

Lei annuì e sembrava davvero sollevata per aver esplorato quelle emozioni più profonde. Grazie a un semplice poster, passammo alla fase successiva con fluidità, chiudendo infine positivamente l’attività.

Vorrei ora allontanarmi dalla realtà concreta vissuta qualche anno fa per dedicare qualche parola a questo eccellente strumento didattico. Robert Plutchik ha coltivato nel suo giardino questo unico fiore, noto come “Fiore delle Emozioni”.
Questo modello, unico e ricco di significati, serve a orientarci nell’esplorazione del complesso mondo delle emozioni umane. Questo fiore è composto da vari petali e ognuno rappresenta una diversa emozione.
Questi petali rappresentano in primis le otto emozioni fondamentali: gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto, rabbia e attesa (o “aspettativa”, dipende dalle traduzioni). Ogni emozione si irradia nel petalo partendo dal nucleo centrale fino alla sua estremità, con tonalità diverse che simboleggiano le varie emozioni che diminuiscono di intensità.

Osservando più da vicino, notiamo come alcuni petali si sovrappongono, creando nuove emozioni composite. Questo rappresenta il modo in cui le emozioni di base scelte da Plutchik possano combinarsi per formare emozioni più complesse. Ad esempio, la fusione di gioia e fiducia dà vita all’amore, mentre l’unione di anticipazione e gioia sfocia nell’ottimismo.

Geniale, come detto, soprattutto l’idea della variazione dell’intensità emotiva, proprio come i colori cambiano dalle loro tonalità più chiare alle più scure. Questo aspetto fa ben capire come le emozioni, ad esempio la rabbia, possano spaziare da un lieve fastidio a una furia incontenibile.

Oltre a essere quindi un’affascinante opera visiva, il Fiore delle Emozioni è anche uno strumento psicologico e formativo di grande valore. Ci aiuta a capire come le emozioni si mescolino, si influenzino reciprocamente e si trasformino in intensità, proprio come un giardino che muta al cambiare delle stagioni.

Modello di Plutchik sulle emozioni umane. Immagine tratta dal sito: https://italia.6seconds.org

 

Bibliografia:

Kolb, D. A. (1984). Experiential Learning: Experience as the Source of Learning and Development. Prentice-Hall.

Plutchik, R. (1995). Psicologia e biologia delle emozioni. Torino: Bollati Boringhieri.

Aniello d’Agostino

Psicologo in formazione e vocal coach, si sta perfezionando al fine di diventare psicologo per artisti. Parimenti, mira a sviluppare programmi di formazione esperienziale per aziende, promuovendo la crescita personale e professionale.

E-mail: dagostinonello@gmail.com

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