Allenare il pensiero complesso. Un intervento nella PMI
Le aziende sono indubbiamente sistemi complessi, qualunque sia la loro dimensione; tuttavia, nell’individuare interventi e strategie legate alla complessità, il più delle volte il nostro sguardo si limita alle grandi aziende, strutturate, in cui il management, spesso, è ben distinto dalla proprietà e ha competenze dirigenziali acquisite a partire da un percorso di studi specifico.
La mia esperienza come formatrice e coach è legata alla piccola e media impresa, magari a conduzione famigliare, in cui l’imprenditore è anche manager e i suoi collaboratori spesso sono persone cresciute in azienda in ruoli tecnici e poi promossi a ruoli dirigenziali.
Come possiamo portare il pensiero complesso in questo tipo di realtà? Come tradurlo in azioni formative adatte alla loro struttura e alla loro cultura? Ed è veramente necessario o possiamo limitarci a scomporre i problemi e intervenire per migliorare il tutto migliorando le singole parti?
Personalmente ritengo che pensare in termini di complessità, partendo dalla comprensione del tutto per arrivare a definire le necessità delle singole parti e cogliendo l’importanza delle relazioni rispetto ai singoli fatti, sia oggi una necessità anche per le PMI, poiché operano relazionandosi con un ambiente esterno, il mercato, che è complesso e ricco di incognite, senza poter conoscere con certezza oggi ciò che servirà domani per gestire e sviluppare le proprie attività. Inoltre, l’universo delle relazioni nelle proprie diverse declinazioni prescinde dal numero dei dipendenti e dal fatturato.
Anche in questa tipologia di impresa, quindi, possiamo, e forse dobbiamo, attivare processi di esplorazione della complessità, effettuando interventi di formazione e coaching che abituino le persone a uscire dalla logica dei silos e dei compartimenti stagni, per andare nella direzione del “vedere la foresta e non solo i singoli alberi”. Abbiamo le competenze per favorire lo sviluppo del pensiero complesso, allenando gli individui a osservare i propri modelli mentali da punti di vista diversi e a immaginare scenari futuri diversificati tra loro, in cui la complessità non incuta timore, ma sia rappresentata come un valore, fino a generare quella consapevolezza condivisa che attiva i processi di intelligenza collettiva.
Questo tipo di approccio l’ho sperimentato in un intervento aziendale che sto portando avanti da qualche tempo con buoni risultati e che vi racconto.
Il cliente è un’azienda di servizi attiva sul mercato europeo. Costituita nel 2010 come microazienda artigiana, ha avuto in poco più di un decennio una evoluzione importante, fino ad arrivare ad avere un fatturato di oltre 4 milioni di euro e circa 40 fra dipendenti e collaboratori esterni.
Nel 2020, essendo mancato improvvisamente il fondatore e socio di maggioranza della società, la direzione dell’azienda è stata assunta da uno dei dipendenti, quarantenne, impiegato tecnico, che con molto coraggio ha deciso di investire nell’azienda, acquistando le quote che erano del fondatore.
Questo cambiamento negli assetti organizzativi ha comportato la perdita di equilibri da tempo consolidati fra i dipendenti, con un conseguente peggioramento del clima aziendale e anche diverse dimissioni e rescissioni di contratti di collaborazione, per cui a ottobre 2021 al neoassunto responsabile acquisti è stato conferito anche l’incarico di responsabile delle risorse umane, che fino al 2020 era stato svolto direttamente dal fondatore.
Il mio intervento come coach in azienda è stato richiesto dal responsabile amministrativo/finanziario, dipendente storico, di grande esperienza e autorevolezza, per supportare amministratore delegato e responsabile HR nell’acquisire credibilità verso i dipendenti e i collaboratori.
Dopo aver incontrato singolarmente le due persone interessate ho ritenuto di proporre un diverso approccio al tema, che tenesse conto dei sistemi interno ed esterno all’azienda.
La prima analisi ha evidenziato, infatti, che nei momenti successivi alla morte del fondatore l’organizzazione aveva reagito prontamente, mettendo in campo risorse di adattabilità e resilienza attraverso comportamenti collettivi auto organizzati; ma con l’assunzione del ruolo da parte del nuovo socio di maggioranza e l’attribuzione della mansione di responsabile HR il sistema era diventato progressivamente sempre più rigido, quasi cristallizzato, perdendo la capacità di produrre soluzioni e decisioni veramente creative. Questo nonostante entrambi i dirigenti si prodigassero in azioni di sviluppo e di responsabilizzazione di dipendenti e collaboratori.
Di conseguenza, per raggiungere l’obiettivo di rendere maggiormente credibili i due ruoli era necessario passare attraverso l’individuazione degli schemi di interazione e delle variabili rilevanti, che avrebbero potuto cambiare radicalmente il comportamento del sistema.
Ho scelto di sostituire gli incontri di coaching individuale con degli incontri di team ai quali hanno partecipato le tre persone con poteri direttivi – direttore, responsabile HR e responsabile amministrazione e finanza – durante i quali abbiamo esplorato le relazioni che si erano venute a creare fra loro e le rispettive visioni della situazione aziendale.
È emerso che mentre i valori (appartenenza, fiducia, valorizzazione delle competenze ecc.) erano condivisi, l’approccio di lavoro era piuttosto diverso e ciascuno di loro era bloccato su una visione personale dell’organizzazione e dell’ambiente in cui opera, che aveva interiorizzato come verità oggettiva. Di conseguenza, le decisioni erano prese tenendo in scarsa considerazione le retroazioni sull’attività aziendale nel suo complesso e utilizzando esclusivamente il proprio bagaglio di competenze, che, per quanto importante, mancava di multidimensionalità. Spesso il neoimprenditore interveniva su questioni operative di competenza dei suoi collaboratori senza interpellarli. Inoltre, i dipendenti del settore amministrativo finanziario avevano costituito un fronte comune intorno al responsabile, sposandone la visione, percependo interdipendenza fra loro, ma non con gli altri settori, verso i quali, al contrario, avevano innalzato barriere.
Con le tre persone interessate da questa iniziale parte di lavoro abbiamo, pertanto, deciso di procedere per step, attivando dapprima processi di condivisione dei saperi e di costruzione di una visione condivisa dell’organizzazione e del sistema in cui opera.
Grazie a questa condivisione abbiamo riformulato mission e vision aziendali e fatto emergere conflitti latenti in merito alle strategie di medio periodo. È stata accettata la negoziazione fra una posizione conservatrice, irrigidita dalla memoria storica di progetti non andati a buon fine, e una più aperta e volta all’innovazione, che però prescindeva dalla valutazione delle esperienze precedenti, che la maggior parte dei dipendenti aveva vissuto. Ne è scaturita una nuova posizione in cui, prendendo in prestito le parole di Michael Crichton ne Il mondo perduto, è presente “sufficiente innovazione da dare vitalità al sistema, sufficiente stabilità da impedirgli di precipitare nell’anarchia”
Successivamente, ciascuno ha seguito un percorso di coaching individuale per svelare e superare i propri automatismi comportamentali, cosicché l’abitudine non divenisse un ostacolo a portare avanti le decisioni prese in collaborazione. Allo stesso tempo, sono stati programmati incontri periodici fra i responsabili nei quali continuare a valutare insieme il percorso di crescita dell’azienda e le sfide poste dai mercati di riferimento.
Questo ad oggi.
I prossimi passi consisteranno dapprima nel migliorare il decision making del gruppo dirigente attraverso azioni di sviluppo di processi mentali divergenti, che rendano più ampio il ventaglio delle opzioni e favoriscano approcci più originali e creativi. In seguito, sarà realizzato un percorso di tipo dialogico che coinvolgerà tutti i dipendenti e collaboratori, per valorizzare l’intelligenza collettiva e nutrirla di quella pluralità di opinioni, punti di vista, intuizioni, percezioni, che è un importante valore aggiunto per lo sviluppo sostenibile dell’azienda.
L’obiettivo dichiarato è rendere quest’azienda una learning organization, in cui le persone percepiscano interdipendenza, partecipino attivamente alla creazione del futuro dell’azienda e si prendano cura delle relazioni e degli obiettivi, con una ownership positiva.
I primi risultati in termini di miglioramento del clima aziendale e di partecipazione si sono già manifestati e i dipendenti sono motivati a proseguire nel percorso.
In conclusione, con piccoli interventi mirati, facilmente accettabili anche dal piccolo imprenditore e dai dipendenti della PMI, possiamo allenare le persone a vedere la complessità non come elemento di conflitto o come ostacolo al raggiungimento degli obiettivi, ma come una opportunità di dare senso e ordine al caos. E contribuire a far sì che il battito di ali di una farfalla in Brasile crei un tornado in Texas [1]Edward Lorenz – “Predictability: does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?” – 1972.
Per maggiori approfondimenti sul tema della complessità:
- La quinta disciplina – Peter Senge – Ed. Sperling &Kupfer – 2006
- Pensiero sistemico & management innovation. Le nuove competenze per gestire la complessità
- Vittorio D’Amato, Elena Tosca – Ed. Franco Angeli – 2016
- Essere creativi in contesti complessi. Metodologie e strumenti di creatività per cogliere opportunità e generare idee e realizzarle – Rino Panetti – Ed. Franco Angeli – 2020
- L’impresa come sistema vivente. Una nuova visione per creare valore e proteggere il futuro – Massimo Mercati – Ed. Aboca – 2020
- Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana – Frederic Laloux – Ed. Guerini Next – 2016
Daniela Cevenini
Consulente, Formatrice e Wingwave Coach, è esperta di comunicazione interna ed esterna all’azienda, progetta e realizza corsi di formazione emozionale e si occupa di sviluppo personale attraverso percorsi di Coaching individuale e di team. È Vicepresidente del Direttivo AIF E.R.
E-mail: daniela@comunicabene.it
Riferimenti
↑1 | Edward Lorenz – “Predictability: does the flap of a butterfly’s wings in Brazil set off a tornado in Texas?” – 1972 |
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