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Perchè camminare? Qual è il senso profondo del vostro andare? – Parte 1

 

 

 

Viandante, non c’è cammino

                     Viandante, sono le tue orme
             il cammino e niente più;
                  Viandante, non c’è cammino,
                                       si fa il cammino camminando.
                                       Camminando si fa il cammino,
                                              e volgendo lo sguardo indietro
                    si vede il sentiero che mai
                    dovrai tornare a calpestare.
                 Viandante non c’è cammino
                                                                                               solo scie nel mare

 

 di Antonio Machado [1]“Caminante no hay camino” è una tra le più note poesie di Antonio Machado, più generalmente anche una tra le più ricordate della letteratura spagnola. Per la precisione questa poesia è la … Continue reading 

 

Ho ricevuto questo scritto in occasione di un pranzo organizzato a casa dell’autrice, Stefania Fregonese, cara amica ed ex collega di tanti anni fa.
L’intento di Stefania era di condividere delle riflessioni, e delle emozioni, con il gruppo delle “camminatrici”.
Le altre amiche presenti sono state beneficiate della bella e colorata lettura.

Mi ha molto colpito leggere queste riflessioni e nei giorni successivi ho pensato agli apprendimenti che la vita ci dona se siamo alla ricerca di crescita personale, relazionale, spirituale. Se gli occhi della mente sono aperti e curiosi.

Nella formazione degli adulti parliamo molto di formazione esperienziale e di formazione informale e non formale. Sappiamo che difficilmente può esserci apprendimento senza riflessione, senza attribuzione di senso.
Ho così proposto alla redazione di Learning News di pubblicare questo scritto perché in questi anni in AIF parliamo molto di persone, di esperienze, di dare senso alle formazioni ma spesso giriamo la stessa frittata, ripetiamo gli stessi rassicuranti modelli.
Ecco che qui ci parlano le emozioni, ci aggancia la sfida, emerge la domanda interiore “ma io sarei capace?”. Che cos’é tutto questo se non quel processo che un buon formatore e una buona formatrice dovrebbero suscitare, quel movimento del pensiero e delle emozioni che dovrebbero stimolare?

Personalmente dalla lettura ne sono uscita con un sentimento di desiderio, di leggera inquietudine e di sana invidia per la portata di tali esperienze.
Ecco alcuni ingredienti di cui tener conto nella progettazione: i bisogni, i desideri, i limiti con cui confrontarsi, il senso del nostro andare.

Buona lettura.

Anna Malaguti

 

“Perché camminare?”
“Qual è il senso profondo del vostro andare?”

Queste le due domande che sintetizzano la conversazione avuta una sera a cena da amici.
Due settimane prima avevo concluso il Cammino della Via Lauretana e in quella cena abbiamo chiacchierato un po’ su ciò che spinge ora molte persone a intraprendere i cammini.
A partire da quel primo interrogativo ho girato i quesiti alle mie compagne di viaggio nel nostro gruppo WhatsApp “Le Eroiche camminatrici” e successivamente ho organizzato un incontro per mettere nero su bianco le nostre riflessioni.

Io per prima mi sono chiesta: “Perché ho cominciato a interessarmi di cammini e soprattutto perché io cammino?” e poi “Perché camminare insieme ad altre persone?”.
Il primo motivo affiorato alla mente senza pensarci troppo, è più intimo ed ha a che fare con il mettermi alla prova: ce la farò a reggere la fatica? Ce la farò a reggere le mie compagne di viaggio in questo andare lento che si fa comunità?
Fare un cammino significa dover condividere con chi viaggia con te tempi, spazi, pensieri, oggetti, parole e…tanto altro.

Il secondo motivo è più legato alla fase attuale di vita e al momento storico: dopo l’ubriacatura derivata dalla conclusione della vita lavorativa concomitante con la chiusura dei confini comunali a causa Covid, finalmente sono libera di vivere, più serena e fluida, il mio tempo. E’ arrivato il momento di guardarsi dentro e anche di fare pace con il mio io pesante, faticoso e ingombrante.
Sicuramente questo modo di andare e di camminare permette l’entrare in contatto con me stessa e…con i miei limiti.
Preparare lo zaino e sapere che poi devo portarlo in spalla per molti chilometri, sta veramente diventando un’arte. Forte dell’esperienza maturata, prima di intraprendere l’ultimo cammino ho pesato minuziosamente tutto quello che dovevo portare, ho rigorosamente ben diviso nei sacchetti antipioggia il tutto e trascritto contenuti e pesi su una tabella che sarà utile per i viaggi futuri.
Le liste e gli schemi sono il mio pane: mi diverto a prepararli per me e per tutte noi.

In viaggio si porta il necessario: più leggero sarà lo zaino (bisogna lasciare andare i nostri “bisogni” e riporre in maniera scientifica le cose) meno fatica faranno le nostre schiene, le nostre spalle, i nostri piedi e soprattutto i nostri pensieri.
Ci siamo accorte che molte volte, quanto riteniamo essere un bisogno è, invece, superfluo. Lasciare a casa alcune cose è un po’ una metafora della vita: lasciare i nostri pensieri più banali, poco importanti, che rischiano di tradursi, sia nello zaino che nella vita, in peso e ingombro.

Camminare per tanti chilometri con uno zaino sulle spalle che, comunque ridotto all’osso pesa minimo 6 chili solo se il cammino si fa in primavera/estate, è un’esperienza unica.
Il sole che brucia la pelle (grazie teli rinfrescanti Ferrino!!! Siete stati preziosi per tutte noi!), la sete, le gambe che non sempre rispondono al bisogno, le erbacce alte, le zanzare e la paura delle zecche, i sentieri mal tracciati, i cellulari che faticano a prendere il segnale, la strada che sembra interminabile, sono tutti indizi che ti indicano che non stai facendo una passeggiata: camminare è sì una gioia, ma è anche fatica, stanchezza e avere piedi e spalle doloranti.

 

 

Camminare è oneroso, fare chilometri sotto al sole è fatica: ogni mattina si ricomincia, devi ri-dare un senso al tuo andare, preparare gli indumenti che terrai tutto il giorno, mettere la crema per le scottature, l’asciugamano termico sul collo o sulle spalle, verificare le altezze e lo stato dei tuoi bastoncini, mettere la fascia fermacapelli, inforcare lo zaino, attaccare il fazzoletto per detergere il fastidioso sudore, posizionare la cannuccia per bere, controllare di non aver dimenticato niente e ripartire.
Camminando, giorno dopo giorno, impari che dopo ogni arrivo c’è una nuova partenza, ma dopo ogni partenza c’è un nuovo arrivo! E, tappa dopo tappa, concludere un cammino, è a dir poco entusiasmante!!
Fare un cammino non è un’operazione “laica”, ma qualcosa di spirituale, si cammina con il corpo, con lo spirito e con la mente, è la riscoperta di un atto antico.

In questi anni ho intrapreso i cammini con altre 3 donne: non siamo pellegrine, siamo anche poco viandanti perché dormiamo in posti carini, prenotati per tempo, alla sera mangiamo altrettanto bene e ci concediamo pure una meritata birretta alla fine di ogni tappa …
Cosa siamo allora?
Ci piace pensarci come la presentazione al femminile delle grappe di una famosa distilleria piemontese: “Donne selvatiche che scavalcano le colline” [2]Romano Levi (Campodolcino, 24 novembre 1928 – Neive, 1 maggio 2008) è stato un  famoso  produttore di grappa e vermut piemontese  che definisce così le “Donne Selvatiche”: ”… … Continue reading ma in concreto noi siamo camminatrici che attraversano dei territori scoprendo cose nuove e incontrando persone.  Camminando si impara ad essere aperte verso tutto quello che si presenterà lungo la strada, a guardarsi intorno, a soffermare lo sguardo sui fiori, le piante, l’orizzonte e tutto va al ritmo del tuo passo!!!

Confrontandoci abbiano messo a fuoco che le motivazioni del nostro andare sono diverse: ognuna ha la propria, ognuna differente.
Il nostro gruppo è formato da 4 donne: Cristina, Francesca ed io, accomunate dall’essere state tra le fondatrici degli Asili Nido del Comune di Venezia e giovani colleghe al Nido Arcobaleno del Centro Storico, anche se poi nel tempo i nostri percorsi lavorativi si sono diversificati. Ci conosciamo da 40 anni e le nostre storie personali e familiari si sono intrecciate, arricchite e consolidate come ci ricorda Michela Murgia: “Le amicizie pluridecennali sono un bene raro, che va molto mantenuto, perché sono fatte dell’unica cosa che non si può ripetere: il tempo. Sono quelle che custodiscono il ricordo della ragazza che eri, che conoscono la fatica che hai fatto per essere la donna che sei, che ricordano  l’entusiasmo che avevi e quello che è rimasto … Non sono solo amiche: sono testimoni e complici” [3]Michela Murgia (Cabras, 3 giugno 1972) è una scrittrice, blogger, drammaturga, critica letteraria e opinionista televisiva , autrice di molti libri e opere teatrali.

La più giovane e tecnologica del gruppo, invece, è Marina, “amica di camminata” con la quale cammino nella vita di ogni giorno e che abita a Campalto, la frazione dove, da più di 20 anni, ci siamo trasferiti da Venezia.
Il suo inserimento nel gruppo delle “maranteghe” [4]Marantega: dicesi per disprezzo di donna vecchia, deforme, aggrinzita e secca – G. Boerio “Dizionario del dialetto veneziano, Venezia 1867Marantega: è la donna che passa la domenica … Continue reading è riuscito subito: è un insieme eterogeneo e rispettoso delle componenti, in cui ognuna ha competenze che mette al servizio di tutte.

 

Bibliografia

  • Erling Kagge, “Camminare Un gesto Sovversivo”, Giulio Einaudi 2018
  • Milan Kundera, “La lentezza”, Adelphi, 1999
  • B.K.S. Iyengar “L’albero dello yoga”, Ubaldini 1989
  • Carla De Bernardi, “Contare i passi”, Mursia 2010
  •  

Stefania Fregonese

Dopo aver lavorato per il Comune di Venezia, dall’ambito educativo al sociale, con incarichi diversi, ora si dedica alla lettura, alla scrittura e alla scoperta del territorio a piedi, ma anche alla raccolta di erbe spontanee e funghi oltre che alla cura di sè.

E-mail: stefaniafregonese918@gmail.com

Riferimenti

Riferimenti
1 “Caminante no hay camino” è una tra le più note poesie di Antonio Machado, più generalmente anche una tra le più ricordate della letteratura spagnola. Per la precisione questa poesia è la ventinovesima della raccolta Campos de Castilla (1912), in particolare appartiene alla sezione proverbios y cantares.
2 Romano Levi (Campodolcino24 novembre 1928 Neive, 1 maggio 2008) è stato un  famoso  produttore di grappa e vermut piemontese  che definisce così le “Donne Selvatiche”: ”… Erano misteriose, senza vincoli, sparivano e poi tornavano, un po’ streghe e un po’ fate. Erano libere, come dovrebbero essere tutte le donne per vivere la parte migliore della vita”. Testo tratto dal sito: www.distilleriaromanolevi.com/il-museo-della-donna-selvatica
3 Michela Murgia (Cabras, 3 giugno 1972) è una scrittrice, blogger, drammaturga, critica letteraria e opinionista televisiva , autrice di molti libri e opere teatrali.
4 Marantega: dicesi per disprezzo di donna vecchia, deforme, aggrinzita e secca – G. Boerio “Dizionario del dialetto veneziano, Venezia 1867
Marantega: è la donna che passa la domenica pomeriggio a leggere un romanzo d’amore di fine ottocento, o che si lancia col parapendio dopo essersi però fatta il french sulle unghie delle mani…La marantega dà il suo meglio quando è in mezzo ad altre simili, ed è capace di creare una rete di amicizie tutta al femminile che funge, per chi riesce a farne parte, da faro nella notte, con il buono e cattivo tempo…
Definizione tratta da: https://maranteghedentro.blogspot.com/search?q=modernit%C3%A0

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