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Leadership gentile: Intervista a Maura Latini, Presidente COOP Italia – prima parte

Perché questa intervista? 

Qualche mese fa ho potuto animare un evento di formazione sul tema della Leadership Gentile, cui avevamo invitato a partecipare e portare la sua testimonianza Maura Latini, amministratrice delegata COOP Italia.
Avevo pensato di invitarla pur non conoscendola personalmente, perché la sua biografia (per quanto letto in rete) mi sembrava significativa di una leader gentile… A sua insaputa.
Nel senso che a volte le parole possono essere delle etichette dietro le quali c’è altro. Invece in questo caso ho conosciuto una persona che incarna un concetto, senza usarlo come stendardo.

Dopo la sua testimonianza, che potete leggere qui, è nata l’idea di approfondire l’esperienza di leadership gentile di Maura Latini, attraverso un’intervista che potesse essere un esempio concreto di messa in pratica di questo concetto, a volte frainteso.

 

Prato 14 Settembre 2023

 

Paolo Vallarano – Ti ringrazio per la disponibilità a questa intervista

Maura Latini – Personalmente sto meglio dietro le quinte che sul palcoscenico, ed è un limite questo per il mio lavoro, perché dovrei essere forse più visibile nell’interesse di COOP. 

D’altra parte, non si può essere troppo lontani da quello che siamo.

Quindi cerco di fare il possibile per trovare quella visibilità che serve a COOP, ma quando capisco che forse a COOP non serve ed è una visibilità più personale, allora mi fermo.PV – In questo caso l’idea è dare un esempio, soprattutto ai giovani o alle persone che si occupano di gestione e organizzazione, su una possibilità concreta di incarnare il cosiddetto concetto della “leadership gentile”. Sarà interessante anche esplorare il rapporto tra te ed il contesto, quindi l’organizzazione COOP. Quanto l’organizzazione ti ha aiutato a manifestare questi tuoi comportamenti.

Per cominciare, tu hai detto nella tua testimonianza “Gli esempi di persone che hanno avuto esperienze positive sono fondamentali per gli altri.” Allora ti chiedo: quali esempi ti hanno ispirato, dato degli spunti, degli esempi da seguire?

ML – Gli esempi ispirano nell’insieme ma divido in  due il mondo degli esempi: esempi in generale ed esempi femminili per un pubblico femminile.

In questa fase soprattutto, ma è una fase che viene da lontano, sono particolarmente importanti gli esempi femminili per aiutare le ragazze e le giovani ragazze che ricevono delle discriminazioni strutturali nel mondo del lavoro ma anche in altri contesti. 

La parità di genere è una delle grandi conquiste inespresse in un paese come l’Italia che sta pesando anche sull’economia. Non è solo un discorso di giustizia ma anche di vantaggio economico. In una economia di mercato come la nostra se dobbiamo considerare l’aspetto economico e di sviluppo, la disparità di genere è un limite economico per l’evoluzione dell’Italia. Una vera perdita di opportunità non valorizzare i talenti,la passione e il cuore delle donne italiane che sono più della metà della popolazione.

Quindi l’esempio femminile di figure che hanno avuto successo, che sono riuscite a fare un percorso, è qualcosa di grande utilità. Se in TV, sui giornali, vengono rappresentati sempre e solo esempi maschili, le bambine prima e le ragazze poi, anche inconsciamente, hanno davanti dei modelli che gli trasmettono il messaggio che sì loro possano darsi da fare, studiare, però poi non avranno grandi possibilità di riuscire.

Invece, mostrare esempi di figure femminili in ruoli di responsabilità, questa si è un’evoluzione importante che darà frutti nel tempo. Sicuramente non basta da solo ma l’esempio è importante. Se hai esempi di figure che non solo hanno avuto successo ma riescono anche ad avere dei comportamenti che sono in sintonia con il tuo modo di sentire, che sono comportamenti equi, equilibrati, che supportano le persone, questi sono esempi a cui si può sentire di volersi ispirare.

Nel mio percorso ho trovato, come è normale che sia, un po’ di tutto: grandi manager e manager non all’altezza della situazione, come è la vita che fa incontrare di tutto… Però incontrando figure positive e vedendo che erano positive non solo nella qualità della relazione che instauravano ma anche per la qualità dei risultati che riuscivano a produrre,  ho trovato vere fonti di ispirazione, per me. 

Perché normalmente le  due cose completamente disgiunte non lo sono se si guarda ai risultati di un’impresa a tutto tondo. 

Se si guarda soltanto il risultato economico senza vedere il clima aziendale allora si può dare una lettura anche diversa ma se si guarda il risultato economico e anche il clima aziendale, allora lì si riesce a trovare quel punto di valutazione che permette di riconoscersi in un modo di operare che può rappresentare elemento di ispirazione.

 

PV – A questo punto mi viene da chiederti, quanto ha pesato il contesto COOP nella tua crescita e nel tuo mettere in pratica questi comportamenti ed atteggiamenti e quanto anche tu hai influenzato il contesto? Quanto la cultura del luogo, dell’organizzazione, aiuta? La tua esperienza su questo punto…

ML – Ti faccio una piccola premessa, così credo riesca a trasferirti meglio il mio percorso. Sono arrivata in COOP quasi per caso, durante le vacanze scolastiche. La vera passione della mia vita è l’arte, io dipingevo.  Quindi quando sono arrivata a scegliere quale tipo di percorso intraprendere ho scelto di studiare arte. 

Vengo da una famiglia molto semplice, mio padre operaio metalmeccanico, mia madre ricamatrice, nel Mugello, con una condizione economica di base.  Inizio a studiare ma avevo l’ambizione di essere autonoma, quindi vado a lavorare come cassiera durante le vacanze scolastiche, da Giugno a Settembre, presso COOP e lo faccio per diversi anni.  Quello è stato il mio primo ingresso non funzionale in termini di percorso.

Prendo la maturità artistica e decido di iscrivermi all’università. Era un periodo in cui la mia passione per l’arte è stata completata da tutto quello che il mondo della scuola mi ha fatto scoprire. Ero troppo eclettica, mi piaceva tutto: chimica, astronomia, e questo mi ha fatto un po’ perdere. All’epoca della scelta del percorso universitario ero stata folgorata da sociologia ma era solo a Trento ed economicamente era fuori dalla mia portata. Scelgo quindi Scienze Politiche con indirizzo politico sociale, a Firenze. Era un succedaneo, mi interessava, però era una scelta sbagliata. Quando avevo scelto arte era la scelta giusta, era il mio mondo, mentre Scienze politiche era interessante ma non era il mio mondo. Quindi mi perdo un po’ per strada fin quando decido, sbagliando, il primo grande errore della mia vita, di interrompere gli studi e cominciare a lavorare. Giocavo a pallavolo, mi piaceva il cinema, andavo alle mostre d’arte… Ti racconto per farti capire meglio il contesto. Avevo fatto già altri lavoretti durante l’università: disegnatrice in uno studio di ingegneri, segretaria in un’azienda che vendeva gomme, ma vengo a sapere che cercano una cassiera in un supermercato COOP e mi dico: farò la cassiera a tempo pieno così ho un’autonomia economica, però poi dopo completerò gli studi lavorando. 

Comincio fare questo doppio lavoro e vedo che in realtà non ce la potevo fare. Facevo la cassiera nel Mugello, mi piaceva fare tante cose, l’università a Firenze…

Non ce la facevo e decido di interrompere gli studi. I primi mesi bene, avevo un po’ di soldi e potevo far cose ma dopo un po’ di anni mi rendo conto che sono arrivata su un binario morto… Non ci potevo più stare, e lì vado in crisi profonda perché avevo grandi ambizioni, grande volontà, pensavo di avere grandi prospettive e vado in crisi. 

Comincio a guardarmi intorno, per scegliere altri lavori, mi iscrivo a concorsi e nel frattempo però, io sono un’inguaribile ottimista, cerco di tirar fuori quello che c’è da dove sono… Che devo fare? Son qui… Non riesco a rattristarmi e finché son qui, mentre cerco altre cose, che posso fare? E comincio a vedere che non c’è solo la cassa. Già mentre lavoravo in cassa mi davo obiettivi sfidanti per il lavoro che avevo, dicevo: cerchiamo di velocizzare il ritmo di cassa, ieri ho incassato diciamo 10, vediamo se oggi riesco a farne 11… Mi davo degli obiettivi di questa natura e cominciando a guardarmi intorno nel negozio scopro che c’è anche il riordino e altro.  Inizio a guardare  il negozio con occhi diversi, ci sono tante cose da fare, si può migliorare, si possono fare cose diverse e poi c’è la relazione con le persone. 

Insomma, stringendo, capisco che quello non è un supermercato, è una macchina organizzativa che, se è perfetta dà un servizio, se è imperfetta fa casino.

Il servizio è che funzioni tutto e le persone siano contente. Ora te lo dico così chiaramente, allora non lo capivo ma intuivo che si poteva fare qualcosa di diverso. E allora comincio da lì dentro. 

 

PV Vedo un collegamento con l’interesse per la sociologia…

ML – Sì, ma non solo, anche con il lavoro di gruppo, all’epoca giocavo a pallavolo, ho giocato fino a 24 anni, ero la capitana, sono un po’ timida ma stare con gli altri mi è sempre piaciuto.

Allora comincio in questo supermercato, a fare gli ordini, poi a occuparmi di un reparto, poi divento vicedirettore… Ho fatto un po’ di cose anche diverse e soddisfacenti… E capisco che la COOP non è un supermercato neutro: COOP è un’impresa cooperativa, che ha i soci, che non sono possessori di una carta fedeltà ma titolari di un’azione, una testa un voto, che possono incidere, sono persone che chiedono cose e le pretendono. 

E le cose che dà la COOP sono prodotti controllati, di qualità, attenzione per l’ambiente, che all’epoca era ancora agli inizi ma c’era.

Vedo che lavorando qui dentro si possono fare scelte funzionali alla qualità della vita, al rispetto dell’ambiente, degli animali. Io sono sempre stata un’ambientalista senza saperlo, poi l’ho capito anche grazie a COOP, al lavoro in COOP. 

Capisco che lì dentro c’è altro, non solo un transito di merce ma anche dei valori.

Mentre maturavo questa mia evoluzione della percezione del luogo dove vivevo …

Perché io credo di avere una doppia anima: un’anima ambientalista attenta alle necessità delle persone, degli animali, ma mi piace anche far funzionare le cose, l’organizzazione, ho anche un’anima razionale. 

Esiste in me questo connubio, non so bene come descriverlo, insomma mi piace che il supermercato funzioni bene, sia efficiente ma anche che venda quei prodotti che permettano di migliorare la qualità della vita delle persone. 

Ho capito quindi che il mio sentire, se lo espandevo in maniera positiva ed evoluta, poteva incrociare la missione, le caratteristiche di questa impresa così particolare dove lavoravo.

Per andare a sviluppare gli argomenti a me cari, che fossero di efficienza organizzativa o di attenzione alle persone o all’ambiente, bisognava andare avanti nel percorso lavorativo. Se rimanevo cassiera più di tanto non potevo fare.

Quindi accedo alle selezioni interne, vengo scelta e inizio un percorso professionale da cui non mi sono più discostata e quando poi il percorso di crescita all’interno della COOP era già avanzato mi sono arrivate proposte della concorrenza. 

Non ho mai scelto di andarmene, nonostante le proposte della concorrenza fossero economicamente molto più vantaggiose. Considera che in COOP c’è una retribuzione più alta rispetto alla media nelle categorie di ingresso (cassiere, lavoratori) e più bassa della media nella parte apicale. Però io non me ne sono mai andata, perché comunque la retribuzione che nei vari ruoli organizzativi ho avuto era per me, per la mia visione del mondo, assolutamente adeguata. Guadagnare di più altrove, mi avrebbe forse permesso di fare più cose, di cui non sentivo la necessità, ma mi avrebbe fatto perdere questa sintonia tra impresa e mio modo di vedere le cose.

Il mio lavoro in COOP, se è stato fatto bene, non è finito nel conto corrente di un proprietario o di un azionista ma è finito nei conti economici delle cooperative e negli acquisti positivi fatti dai clienti, e la cooperazione ha dei patrimoni indivisibili e se chiude il patrimonio va allo stato italiano.

Insomma, mi sono sentita quasi come se lavorassi per me!

In una impresa, che mi ha permesso di esprimermi sui contenuti, che ha accettato le mie proposte anche se a volte forzavano un po’ la mano, perché era un po’ il mio sentire Ma se uno guadagna un po’ di credito e la proposta che fa sta dentro la missione dell’impresa cooperativa, non fuori, riesce anche a spingere l’asticella un po’ più in alto e questa è la motivazione per cui sono rimasta in COOP.

 

Paolo Vallarano

59 anni, sposato 3 figli. Diversi anni di esperienza in azienda (Banca di Roma e Mediaset) e nella consulenza
(Cegos e Istituto Piepoli). Da oltre 20 anni, come freelance o con Ad Meliora, aiuto imprese e persone a:
sviluppare competenze, attraverso interventi di formazione; rispondere a domande attraverso progetti di
ricerca; realizzare obiettivi di crescita attraverso il coaching. Jung dice che chi guarda fuori di sé sogna e chi
guarda dentro di sé si risveglia, sto cercando l’equilibrio tra questi due sguardi.

 

Maura Latini

Classe 1957, è una fiorentina cresciuta nella vallata del Mugello, figlia di un operaio metalmeccanico e di una ricamatrice. Maura era una giovane legata al territorio ma affamata di mondo, varietà ed arte. Le strade della vita l’hanno portata nel mondo dei supermercati. Un percorso iniziato prima per caso e per desiderio di autonomia economica, poi per scelta sempre più sentita. Lavorando in COOP si è infatti accorta che poteva fare quotidianamente e in modo concreto la differenza per le persone, per gli animali, per il pianeta, trasmettendo i suoi valori e ideali agli altri. Oggi è la presidente di COOP Italia.

 

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