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Apprendere da una macchina

Articolo uscito su Learning News nel numero di gennaio del 2015

Ipertesti, simulazioni e altri strumenti didattici (ben poco) virtuali
Si fa presto a dire “e-learning”, pensando a un settore di nicchia dell’universo della formazione.
Poi, a guardare meglio, si scopre che questa nicchia è un mondo. E che in questo mondo si aggirano, tra le altre misteriose creature, bizzarre entità chiamate “wbt”, “corsi autodidattici”, “learning object”, “serious game” e in molti altri modi.
Sono i contenuti didattici digitali: l’argomento di questo libro.Per troppi anni, sono rimasti schiacciati tra limiti tecnologici, veri o presunti, e l’assurda idea di una formazione a basso costo, preferibilmente senza formatori. Sicuramente di serie B. Qui, invece, l’idea è tutt’altra: usare a fondo le potenzialità delle tecnologie per costruire esperienze di apprendimento efficaci e coinvolgenti. Esperienza diverse, e perfino migliori, di quello che si può ottenere nella aule di formazione o nel confronto con la realtà concreta.
Una realtà che, come maestra di vita, non sempre da il meglio di sé
Prefazione
Non mi è mai piaciuta la “formazione a distanza”. Intanto perché trovo strano quel sottolineare “a distanza” in metodologie che la distanza avrebbero dovuto ridurla. Poi perché il termine fa pensare alla Scuola Radio Elettra che ha formato per corrispondenza una generazione di radiotecnici. O a mostruosità metodologiche come i tristissimi Cbt (Computer Based Training) con cui si volevano addestrare, come dice il nome, non gli animali da circo, ma figure operative per cui evidentemente non valeva la pena di pagare i formatori.

Così quando, nei primi anni ’90, la Divisione Informatica delle Ferrovie dello Stato mi chiese una relazione su queste novità, risposi più o meno: “Non se ne può ricavare niente di buono”. Poi qualche tempo dopo, era il 1996, ho conosciuto Roger Schank che allora era considerato “solo” un guru di prima grandezza dell’intelligenza artificiale. Per una serie di fortunate combinazioni, la sua Learning Sciences Corporation era entrata in contatto con una piccola azienda romana (si chiamava Mafrau) che aveva avuto l’idea di portare in Italia le sue competenze nello sviluppo di simulazioni al computer. Ho ancora diversi cd-rom di quel periodo: erano straordinari, perché finalmente si poteva giocare. Giocare a gestire le risorse umane, a effettuare esercitazioni militari. Anche parlare al telefono con un cliente, nei panni di un operatore dell’1-800 (praticamente un call center ante litteram), diventava qualcosa di avventuroso e sfidante.
Quando veniva a Roma, Schank amava sintetizzare il suo metodo così: “Prima le domande e poi le risposte”. Prima fare in modo che le persone si pongano un problema, poi (e solo poi) dare loro le informazioni che servono. Non gli ci volle molto a convincermi: era esattamente quello che facevo anche io, in aula, quando davo esercitazioni impossibili da portare a termine per far capire qual era il succo della questione. Purtroppo durò poco, perché è più facile accordarsi sulle idee che su un contratto. Ma altri contratti erano già stati firmati e così in Mafrau ci trovammo a dover produrre una simulazione per un grande cliente (Telecom Italia), senza né Schank, né un briciolo di esperienza, né niente di buono da copiare sul mercato italiano.
Ne uscì un cd-rom, Agire da manager, che nel ’98 vinse a sorpresa il primo premio al concorso indetto dall’Anee e dal Politecnico di Milano per “Il miglior cd-rom didattico – formativo”. Mi convinsi definitivamente che l’unico modo con cui vale la pena di apprendere da una macchina è mettersi in gioco, non leggere sullo schermo come se fosse un libro (una considerazione che, naturalmente, non vale per gli e-book).
Questo libro non segue quel tipico approccio di origine accademica che parte dall’analisi della letteratura per arrivare a definizioni condivise e indicazioni operative. Parte invece da questi primi vent’anni di esperienza per descrivere criticamente modelli, metodologie e strumenti che ho contribuito a sviluppare, utilizzato direttamente o visto utilizzare. Cercando sempre di intravedere gli aspetti teorici che stanno dietro le scelte progettuali, con la consapevolezza che sviluppare una struttura sequenziale, un ipertesto o una simulazione non è la stessa cosa. Cambia il livello di coinvolgimento del fruitore così come cambiano i meccanismi di apprendimento. Meccanismi che a volte non funzionano affatto.
Ho scritto questo libro per due motivi.
Il più importante è contrastare la tendenza suicida (per il settore) a sacrificare la qualità pur di contenere i costi, riducendoli all’osso e oltre. È così che i Cbt sono diventati Wbt (Web Based Training), acquisendo un po’ di figure in movimento e voci fuori campo, ma non un approccio metodologico adeguato. E che dire delle lezioni videoregistrate, spacciate per e-learning, in cui un docente parla e straparla col sottofondo di slide? Tutto questo ha creato un mercato completamente falsato, dove quasi mai il committente sospetta che esista, e quindi chiede, qualcosa di meglio. A parte quel “quasi”, oggi lo scenario non è dei più promettenti.
Se l’e-learning, inteso come “processo di formazione mediato dalle tecnologie digitali”, ha conquistato uno status di tutto rispetto, grazie a un notevole lavoro teorico e sperimentale sulle comunità di apprendimento, sulle forme di comunicazione, condivisione e collaborazione e sulle modalità di tutoraggio, il settore dei contenuti didattici digitali è rimasto quasi sempre (altro “quasi”) drammaticamente indietro. Abbiamo: un fiume di denaro speso negli anni per gigabyte di corsi autodidattici quasi tutti inguardabili, un mercato disorientato dove gli approcci più evoluti sono eccezioni e non la normalità (basti scorrere i bandi di gara che continuano a richiedere quasi invariabilmente “tot ore di Wbt a un tanto l’ora”) e, dulcis in fundo, il campo dei produttori che, con poche lodevoli eccezioni, si è ridotto in termini di volumi e adeguato al ribasso, lasciando sul terreno molti nomi illustri, compresi diversi tra i responsabili della situazione.
Fortunatamente, ci sono i “quasi” a cui attaccarsi: proprio nel bel mezzo della crisi di questi ultimi anni, sono sempre più frequenti richieste di “qualcosa di più e di diverso”, basate sull’esigenza di investire le modeste risorse disponibili in maniera più attenta ai risultati. È presto per dire se riusciremo a spezzare il circolo vizioso: bassi costi/bassa qualità/basso valore/scarsa richiesta. Il libro che avete tra le mani, ripeto, vuole spingere nella direzione giusta.
E il secondo motivo? Semplicissimo: un libro come questo ancora non c’è. Altrimenti mi sarei limitato a comprarlo.

FONTE
Apprendere da una macchina. Ipertesti, simulazioni e altri strumenti didattici (ben poco) virtuali – Edizioni Palinsesto. Autore Vindice Deplano

Vindice Deplano

Psicologo, formatore e consulente di e-learning. Gruppo di lavoro Digital Learning dell’Ordine degli Psicologi del Lazio

E-mail: v.deplano@alice.it

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