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Blue Community: tre dilemmi e una proposta

La crisi climatica che oggi affrontiamo è profondamente correlata al modello di sviluppo economico adottato dai Paesi a economia dominante e rappresenta, al contempo, la più grande minaccia agli attuali equilibri sociali ed economici. Per rispondere alla crisi climatica, occorre ripensare come si crea valore e lavoro, come si misura la ricchezza, come si favoriscono la giustizia sociale ed ambientale, come si promuove la prosperità dei nostri sistemi economici, come si definiscono il benessere individuale e collettivo. Questo cambiamento non può che passare per la piena responsabilizzazione delle persone che compongono le comunità, per l’attivazione di un civismo responsabile, un civismo consapevole della sfida che ci attende.

Con questa consapevolezza siamo chiamati a generare una visione di sviluppo che vada oltre la proposta di un modello di Green Economy, per approdare a un’idea di Blue Community, ossia di comunità capace di trasformare quello che appare un cambiamento impellente, imposto dalla crisi climatica, in un’opportunità in grado di incidere su alcuni e determinanti driver dello sviluppo, quelli che eravamo abituati a considerare non modificabili; un’opportunità che affianca alle ragioni economiche, ossia quelle che ad oggi dettano i tempi di ogni innovazione e investimento, le ragioni della giustizia sociale, perché una Blue Community è consapevole che salvaguardia ambientale, lavoro ed equità sociale sono i presupposti inscindibili di ogni transizione giusta.

Se si indagano appieno le connessioni tra ambiente, istituzioni e comunità, è possibile cogliere quale ruolo determinante giochi l’Europa e, con essa, quale ruolo giochino gli altri grandi player politico-istituzionali. È possibile comprendere quanto le scelte adottate in tema di transizione energetica per la decarbonizzazione delle produzioni possano incidere sulla giusta redistribuzione dei costi della transizione; è possibile rendersi conto di quanto lo European Green Deal e i Green Jobs rappresentino un’occasione da non perdere.

Per farlo, e per comprendere appieno cos’è una Blue Community, abbiamo la necessità di risolvere tre dilemmi.

Primo dilemma: ma davvero pensiamo che il PIL ci dà la misura del nostro benessere?

“Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL).

Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere.”

Lo diceva Bob Kennedy, candidato alle Presidenziali americane, in un celebre discorso nel 1968. Alla fine degli anni sessanta iniziò a venir meno la convinzione che la crescita economica rappresentasse l’unico rimedio alla povertà; ma solo dopo è emersa chiara la necessità di considerare l’ambiente quale una delle dimensioni cruciali dello sviluppo umano; fu questa consapevolezza che ispirò la Conferenza sull’Ambiente Umano indetta dall’ONU a Stoccolma nel 1972, nella sua efficace sintesi del “non c’è sviluppo senza ambiente”; è in quella sede che l’umanità divenne, nella consapevolezza dei più, creatura ed al tempo stesso artefice della natura, soggetto attivo e passivo responsabile dell’ambiente in cui vive,  attore tenuto a perseguire non solo la tutela delle generazioni presenti, ma anche di quelle future.

Lo sviluppo acquisisce così un’ulteriore declinazione, una sorta di un “significato ambientale”, perché diviene opinione diffusa che lo sviluppo economico, sociale e tecnologico dell’uomo non possa prescindere dalla prevenzione e dalla soluzione dei problemi ecologici [1]Marco Mancarella, “Il principio dello sviluppo sostenibile: tra politiche mondiali, diritto internazionale e Costituzioni nazionali”, in Rivista Giuristi Ambientali, pag.1-2.

Questa visione sembra trovare spazio e ispirare lo European New Deal, ossia l’impegno della Commissione Europea per affrontare i problemi legati al clima ed all’ambiente, trasformando una sfida pressante in una opportunità unica. La comunicazione della Commissione Europea indirizzata al Parlamento Europeo, datata 11.12.2019, sancisce l’intento di dar corso ad “una nuova strategia di crescita mirata a trasformare l’UE in una società giusta e prospera, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra e in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse[2]Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Il Green Deal europeo, Bruxelles, … Continue reading.

Lo European Green Deal rientra tra le strategie messe in atto dalla Commissione Europea per raggiungere sia i 17 SDGs dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, sia gli obiettivi sul clima dell’Accordo di Parigi – Cop 21. La strategia comprende iniziative riguardanti clima, ambiente, energia, trasporti, industria, agricoltura e finanza sostenibile, tutti settori fortemente interconnessi.

A questo si affianca il Just Transition Fund , la misura per una transizione energetica giusta, misura che consente a tutti gli Stati membri il conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, e che prevede una dotazione pari a 17,5 miliardi di euro; un fondo che, nel periodo 2021-2027, faciliterà la transizione giusta attraverso contributi di natura sociale, economica e ambientale al fine di favorire la transizione verso un’economia climaticamente neutrale.

I principali destinatari del fondo per la transizione giusta sono:

  • persone e comunità, con lo scopo di facilitare l’adattamento alle nuove opportunità di lavoro, attraverso investimenti nella formazione e nella riqualificazione dei lavoratori e delle persone in cerca di lavoro, assistenza nella ricerca di lavoro, nonché misure a favore dell’inclusione sociale;
  • imprese, con nuovi incentivi volti a sostenere gli investimenti nella transizione verso tecnologie a basse emissioni di CO2 e nella ricerca e nell’innovazione di settore;
  • Stati membri o regioni fortemente dipendenti dai combustibili fossili e da industrie con elevate emissioni di CO2, con investimenti in nuovi posti di lavoro nell’economia verde, nel trasporto pubblico sostenibile, nella connettività digitale e nelle infrastrutture energetiche pulite.

European Green Deal, Green Jobs e Just transition Fund, sono strumenti e strategie ambiziosi per cambiare il corso della storia e fare dell’Europa il luogo dell’innovazione e della sostenibilità, della coesione sociale e del rispetto del Pianeta. Ma tutto questo, forse, non basta; occorre fare i conti con quello che noi, in economia e non solo, consideriamo valore.

Secondo dilemma: quello che consideriamo valore crea davvero sviluppo (e viceversa)?

Qual è la definizione di valore che intendiamo adottare affinché si possa distinguere la creazione di valore dalla estrazione di valore, o, peggio ancora, dalla distruzione di valore?  Se il valore è definito dal prezzo, fissato dalle presunte forze della domanda e dell’offerta, allora ogni attività che ha legalmente un prezzo è vista come creatrice di valore.

Secondo Mariana Mazzucato, nota economista di fama internazionale, il modo in cui viene utilizzata la parola “valore” nell’economia moderna ha reso facile mascherare l’attività di estrazione di valore come attività di creazione di valore; di conseguenza, le rendite (reddito non guadagnato) sono confuse con i profitti (reddito guadagnato). Se l’intento è quello di promuovere una crescita che sia più innovativa (più smart), più inclusiva e più sostenibile, allora è necessario comprendere meglio il significato di valore, analizzandolo nelle sue componenti.

Ma qual è il significato del “valore”?

“Il valore può essere definito in molti modi; eppure, essenzialmente, è identificabile nella produzione di nuovi beni e servizi. La creazione di valore, d’altro canto, comprende i diversi modi in cui tipologie diverse di risorse (umane, fisiche ed immateriali) vengono utilizzate e interagiscono per produrre nuovi beni e servizi. L’estrazione di valore dunque, si riferisce ad attività che si concentrano sul trasferimento di risorse e prodotti esistenti e sui relativi guadagni, spesso in misura sproporzionata, per commercializzarli” [3]Mariana Mazzucato, “Il valore di tutto” (Kindle Paperwhite version), p. 270 di 8374, Feltrinelli Editore, Milano, 2018.

Ricercare un’alternativa alla teoria soggettiva del valore, oggi prevalente, è questione necessaria, se davvero vogliamo perseguire un cambiamento radicale del modello di sviluppo e di consumo che tanto nefasto impatto sta esercitando sul pianeta; il bisogno che oggi abbiamo è quello di rendere la crescita “più smart”, ossia guidata dagli investimenti sull’innovazione, più sostenibile, quindi più “verde”, più inclusiva, intendendo, con ciò, che produca meno diseguaglianze: è questa la nostra ulteriore sfida per un futuro migliore.

Nell’aprile del 2019, la giovane attivista svedese per il clima Greta Thunberg ha tenuto un discorso al Parlamento Europeo, richiamando il cathedral thinking, evidenziando così che per affrontare la crisi climatica che minaccia il pianeta terra, occorre adottare lo stesso approccio con cui gli architetti e le maestranze affrontavano, in epoca medievale, la costruzione delle grandi cattedrali, progetti che sapevano di non poter veder finiti:

Non è ancora troppo tardi per agire. Ci vorrà una visione di ampio respiro, ci vorrà coraggio, ci vorrà una ferrea, ferrea determinazione per agire ora, a gettare le fondamenta anche se forse non sappiamo in dettaglio come sarà il tetto. In altre parole, dovremo adottare il cathedral thinking[4]Greta Thumberg , dal discorso tenuto al Parlamento europeo il 16 aprile 2019, https://www.ilcambiamento.it/articoli/greta-thunberg-il-tempo-sta-per-scadere-non-fallite-vogliamo-un-futuro (consultato … Continue reading).

La cattedrale cui dobbiamo mirare è un modello di sviluppo realmente sostenibile, a zero emissioni, zero scarti, zero disoccupazione, per dirla con Muhammad Yunus, il banchiere dei poveri Premio Nobel per la Pace; ma questa visione passa per la ridefinizione di ciò che intendiamo “valore”.

Una volta preso atto che la creazione di valore è uno sforzo collettivo (per l’appunto l’identificazione di un valore condiviso), e che richiede l’assunzione di rischi, la sperimentazione di soluzioni (ossia una capacità ad agire), un investimento adeguato (una finanza a servizio delle soluzioni prefigurate e non il contrario), a quel punto, la distribuzione di tale valore deve premiare innanzitutto chi crea valore (cosa che permette poi di ricreare tale valore), investendo sulle fonti della creatività (scuola, apprendimento, conoscenza), restituendo opportunità e possibilità.

A questa visione si aggiunge la capacità di attivare il partenariato pubblico-privato, perché nella redistribuzione del valore conta molto  il modo in cui progettiamo le collaborazioni tra imprese e governo; occorre evitare le partnership parassitarie, ossia  quelle in cui un’organizzazione cresce a spese di un’altra, mentre necessarie diventano quelle simbiotiche, ossia quelle dove le organizzazioni che vi prendono parte crescono tutte, e  aderiscono a un obiettivo comune. Di queste partnership simbiotiche hanno bisogno i mercati, soprattutto quei mercati che riguardano e disciplinano l’ambito di funzionamento e di interrelazione delle piattaforme digitali, della salute e dell’energia, piattaforme determinanti la qualità dello sviluppo delle società del futuro.

Terzo Dilemma: le comunità sono solo spettatrici?

Ma avere una visione non basta; è essenziale coinvolgere i cittadini.

Nel suo libro Blue Economy, Gunter Pauli affronta la complessa questione della crisi economico-ambientale-sociale degli ultimi anni e mostra alcune soluzioni in grado di creare nuovi posti di lavoro, qualità ambientale e cultura di sistema. L’economia blu, secondo Pauli, si basa su alcuni elementi comuni: il territorio, le materie prime locali, l’economia della conoscenza, l’osservazione attenta della natura e la sua capacità di integrare chimica, fisica e biologia in sistemi circolari; l’economia blu, in pratica, si basa su ecosistemi in grado di conservare la loro capacità produttiva e di eliminare la produzione di scarti.

L’attuale modello economico è sostanzialmente di tipo lineare, ma i modelli del futuro tendono alla circolarità; in altre parole la crescita economica fisica confligge con l’evidenza di limiti fisici relativi alle sorgenti naturali di materiali e di energia, oltre che con i limiti dei serbatoi che assorbono i prodotti di scarto delle attività umane.

Questa contraddizioni ispirano nuovi approcci di economia fondati sulla circolarizzazione nella produzione/consumo, a cominciare dai luoghi urbani dove la concentrazione antropica favorisce la sostenibilità di soluzioni innovative; “la nuova economia urbana è una economia ecologica sostenuta e promossa da reti di economia solidale. In essa si integrano la razionalità strumentale e la razionalità relazionale/multidimensionale…. La proposta che emerge, dunque, è quella di una strategia di rigenerazione del paesaggio urbano come strumento della rigenerazione del sistema economico e dello stesso sistema urbano. Si tratta di una strategia che si riallaccia alla tradizione italiana della storia delle città, del localismo, della valorizzazione delle originali identità locali che fanno al differenza (Bruni e Zamagni, 2004)” [5]Luigi Fusco Girard, Una nuova economia urbana sostenibile e solidale, in Le città del ben vivere, a cura di Leonardo Becchetti, Escra Edizioni, Roma, 2017, pag. 178.

Un esempio di questa visione è quello delle Comunità energetiche, dove è possibile coniugare protagonismo dei cittadini, questione ambientali, nuovi modelli di consumo ed equità sociale. Le comunità energetiche sono un modello collaborativo che costituisce il veicolo perfetto per coinvolgere direttamente i cittadini e le comunità locali negli impianti di energia rinnovabile; ma sono anche uno strumento collaborativo di un forte impatto sociale, al di là della produzione di energia pulita.

La convinzione che fà da presupposto a questa ipotesi è che la transizione verso la neutralità climatica non può essere raggiunta solo attraverso la tecnologia e i mercati; la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali è fondamentale per rendere questa transizione efficiente ed equa, affinché sia garantito che tutti i cittadini condividano i benefici economici, ambientali e sociali di questo cambiamento epocale.

La Blue Community

Appare chiaro che  la comunità è quindi risorsa chiave, in grado, seppur non da sola, di provocare cambiamento nelle attuali dinamiche di sviluppo, capace di affrontare e incidere sulle cause dell’attuale crisi ambientale; pur consapevoli del fatto che attivare la comunità non è fattore sufficiente ad azzerare le emissioni da risorse fossili, possiamo affermare che una comunità sostenibile e che pratica modelli di economia circolare – una Blue Community per l’appunto -, rappresenta una leva determinante in termini qualitativi, di cultura dell’ambiente e della visione di sviluppo, per un futuro realmente rispettoso del Pianeta.

Per comporre una definizione esaustiva di Blue Community, occorre fare riferimento a un’idea di comunità che respiri l’attuale complessità, che per definirsi ricorra ad alleanze territoriali a geometria variabile, che sappia ripensarsi a seconda degli obiettivi che si intendono perseguire.

“Nella costruzione di un ipotetico futuro, l’immagine idilliaca e rassicurante di una comunità unica, caratterizzata da rapporti “naturali” ed organici ad un sistema spaziale definito, è superata dal convivere in uno stesso luogo di identità e comunità che, pur intersecandosi, non restituiscono un quadro unico condiviso ma un caleidoscopio definito dalle esigenze di chi le vive”; [6]Filippo Tantillo, Comunità, in Manifesto per riabitare l’Italia, Donzelli Editore, Roma, 2020, pag.91 quindi comunità di cambiamento, non costruita solo sui bisogni, ma sui desideri.

Difficilmente potrà esserci una blue economy senza una blue society o, come abbiamo deciso di definirla noi, una blue community; blue non è solo il colore riferito all’economia dell’acqua, è il colore più presente in natura e forse per questo scelto dalle organizzazioni internazionali – ONU, Unesco, Consiglio d’Europa, Unione Europea, per citarne alcuni -; blue è il colore del cielo e del mare, elementi naturali destinati a ricongiungersi e non a dividersi, Blue è la Community, quando può dirsi congiungente, inclusiva, giusta.

“L’economia blu è quindi un modello applicabile a livello globale, dedicato alla creazione di un ecosistema sostenibile grazie alla bio-imitazione applicata a cascata nei processi di produzione. In altre parole, essa tiene conto dell’impatto globale di tutto quel che facciamo e rappresenta un superamento dell’economia verde” [7]Andrea Segrè, Economia a colori, Einaudi editori, Torino, 2012, pag.35.

L’obiettivo della Blue Community non è più solo quello di esercitare un protagonismo delle persone nella tutela dell’ambiente, ma anche quello di ispirarsi ai processi naturali, allo scopo di azzerare ogni scarto, lo scarto che impatta sul mondo, quello che impatta sulla vita delle persone, quello che impatta sulla loro possibilità di sopravvivenza.

Se si analizza la crisi climatica che si sta abbattendo sul Pianeta e i cui effetti sono sempre più manifesti, non può darsi per scontata la coincidenza tra salvaguardia ambientale e giustizia sociale; o meglio, vale in un verso solo: non è possibile una giustizia sociale senza la salvaguardia ambientale.

La decarbonizzazione delle nostre economie, e il completo abbandono dei combustibili fossili, da farsi in un tempo limitato, necessitano di riforme incisive dei metodi di produzione e delle abitudini di consumo; oggi l’Europa, parallelamente agli obiettivi di decarbonizzazione, mette in campo risorse economiche per una <<giusta transizione>>: questo è lo spirito del European Green Deal, che ispira sia la spesa straordinaria, incluso il programma Next Generation Eu, che quella ordinaria.

“Spetta agli Stati definire le strategie e le priorità di spesa per implementare i principi di giusta transizione, capire come gestire la transizione salvaguardando i lavoratori, assicurando scelte strategiche per il futuro e giuste nel rapporto con altri paesi” [8]Matteo Leonardi, Un’altra energia è possibile, in “Pubblico è meglio”, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi, Donzelli Editori, Roma, 2021, pag. 179.

L’Italia ha davanti opportunità e rischi: investimenti ed innovazione sociale sono le parole chiave di questo percorso, che può essere tanto più efficiente quanto più saprà coinvolgere ed ingaggiare i cittadini in questa sfida, nella loro veste di consumatori, di componenti una comunità, di imprenditori, di investitori, di protagonisti consapevoli di un processo che sappia tenere insieme salvaguardia ambientale e giustizia sociale.

Ecco, è questa comunità proattiva che noi amiamo definire la nostra “Blue Community”.

 

Giuseppe Romaniello

Economista e musicista, è Presidente del Comitato Unico di Garanzia e dirigente della Direzione dei Servizi alla Persona del Comune di Potenza; autore di diverse pubblicazioni su temi manageriali in materia di sociale e formazione, ha scritto “Blue Community. Ripensare le comunità, attraverso il valore e l’equità”,  Editrice Hermaion 2024

E-mail: peppe.romaniello@gmail.com

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Riferimenti

Riferimenti
1 Marco Mancarella, “Il principio dello sviluppo sostenibile: tra politiche mondiali, diritto internazionale e Costituzioni nazionali”, in Rivista Giuristi Ambientali, pag.1-2
2 Commissione Europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, Il Green Deal europeo, Bruxelles, 11.12.2019, COM (2019) 640 final
3 Mariana Mazzucato, “Il valore di tutto” (Kindle Paperwhite version), p. 270 di 8374, Feltrinelli Editore, Milano, 2018
4 Greta Thumberg , dal discorso tenuto al Parlamento europeo il 16 aprile 2019, https://www.ilcambiamento.it/articoli/greta-thunberg-il-tempo-sta-per-scadere-non-fallite-vogliamo-un-futuro (consultato il 04.09.2023
5 Luigi Fusco Girard, Una nuova economia urbana sostenibile e solidale, in Le città del ben vivere, a cura di Leonardo Becchetti, Escra Edizioni, Roma, 2017, pag. 178
6 Filippo Tantillo, Comunità, in Manifesto per riabitare l’Italia, Donzelli Editore, Roma, 2020, pag.91
7 Andrea Segrè, Economia a colori, Einaudi editori, Torino, 2012, pag.35
8 Matteo Leonardi, Un’altra energia è possibile, in “Pubblico è meglio”, a cura di Altero Frigerio e Roberta Lisi, Donzelli Editori, Roma, 2021, pag. 179

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